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Il vermocane nel minirino dei biologi: ecco perché

Ecco perché i vermocane sono oggetto di uno studio dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale

Il vermocane (Hermodice carunculata), conosciuto anche come verme cane, verme di fuoco o verme di mare, è un verme marino errante appartenente alla classe dei Policheti, nativo della zona tropicale dell’Oceano Atlantico e del Mar Mediterraneo. La sua presenza nelle acque di Sicilia, Puglia e Calabria sta destando molta preoccupazione, in quanto a causa delle ondate di calore estive si sono moltiplicati enormemente. 

I vermocane

Sono voracissimi, coloratissimi e carnivori, non hanno nemici, se spezzati in due si rigenerano e hanno aculei urticanti: sono i vermocane, noti anche come vermi del fuoco, e negli ultimi due-tre anni le ondate di calore estive li hanno fatti moltiplicare enormemente nei mari di Sicilia, Puglia e Calabria. Sono diventati così una specie invasiva, minacciosa per gli animali che vivono nelle riserve naturali marine, compresi i coralli, e per il lavoro dei pescatori. Per questo sono nel mirino dei biologi del laboratorio dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) attivo a Panarea e a Milazzo.

Lo studio

I vermocane, il cui nome scientifico è Hermodice carunculata, “hanno nelle setole tossine urticanti che generano edemi, pruriti e febbri”, dice Michela D’Alessandro, che con i colleghi Valentina Esposito e Marco Graziani sta studiando questa specie, che fino a poco tempo fa era nota per essere numerosa solo nel canale di Suez. “Lo studio dei vermocane è un progetto dell’Ogs, nato sulla scia delle segnalazioni dei pescatori”, ha aggiunto. Sempre più frequentemente, infatti, i pescatori trovano i pesci presi nelle reti uccisi da questi animali inarrestabili, lunghi in media 20 centimetri e che in qualche caso possono raggiungere il metro. Frequenti anche le ferite nei pescatori, che spesso sono costretti a ricorrere al cortisone. I vermocane hanno raggiunto anche scogli e spiagge e per mettere in guardia dai possibili danni, i biologi dell’Ogs hanno promosso una campagna di informazione.

Fonte Ansa

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