Da Ferguson a New York, dal Winsconsin al North Carolina l’incubo del razzismo torna a scuotere gli Stati Uniti. Cinque afroamericani uccisi dagli agenti di polizia dall’east alla west coast in omaggio alla squallida equazione nero=criminale troppo spesso abusata dalle forze dell’ordine stelle e strisce. Parliamoci chiaro: che negli Usa la condizione sociale dei cittadini di colore non fosse quella raccontata dal cinema lo sapevamo, basterebbe leggersi i dati sulla pena di morte, secondo cui almeno il 40% dei detenuti giustiziati sono afroamericani. Ma i fatti di cronaca di questi mesi hanno fatto eco, sbattendo in faccia all’opinione pubblica internazionale una piaga nascosta a fatica dall’America.
Tutto parte da Ferguson-Missouri, nel cuore degli Usa. Siamo a migliaia di chilometri da quegli Stati del sud dove il razzismo è culturalmente più diffuso tra la popolazione bianca. Il 9 agosto 2014 un agente della polizia locale crivella di colpi Micheal Brown, 18enne di colore disarmato, ingiustamente sospettato di aver commesso un furto pochi minuti prima. Ma la versione di Darren Wilson, l’assassino, non coincide con quella dei testimoni, secondo cui il contatto iniziale fra i due non era collegato alla rapina. Non solo, ma il proprietario del negozio rapinato, sentito poco dopo dalle autorità, spiega che Micheal era entrato solo per comprare dei sigari. La notizia dell’omicidio del giovane fa il giro del mondo, i cittadini di Ferguson scendono in piazza per chiedere giustizia, sostenuti dai ripetuti interventi sui media di Barack Obama.
Dieci giorni dopo il secondo episodio, sempre in Missouri. Durante una manifestazione di protesta per il caso Brown un 23enne armato di coltello, Kajieme Powell, viene freddato dagli agenti a St. Louis. Un testimone filma la scena, nella quale si vede l’afroamericano avvicinarsi alle forze dell’ordine nonostante gli fosse stato intimato l’alt, segue l’esecuzione, che avviene con 12 colpi di pistola. La tensione è alle stelle: a St. Ann un poliziotto viene sospeso dal corpo a tempo indeterminato per aver puntato un fucile semiautomatico contro i manifestanti, minacciando di ucciderli.
Passano tre mesi e il copione si ripete, stavolta a New York, metropoli dell’integrazione per antonomasia. Due reclute in perlustrazione sulle scale buie di un edificio si trovano all’improvviso davanti una coppia di neri. Parte un colpo che colpisce il 28enne Aka Gurley in pieno petto, arrivano i soccorsi ma è tutto inutile: l’uomo è morto sul colpo “Era buio, il collega ha sentito un rumore e si è innervosito” racconta un poliziotto al New York Daily News. “Quello che è successo è stata una tragedia – spiega in conferenza stampa il capo della Polizia William Bratton -. Sembra si sia trattato di una sparatoria accidentale.
Il 2015 si apre con un’altra vittima. Il 7 marzo nel Wisconsin si celebrano i 50 anni dalla marcia di Selma, la grande manifestazione voluta da Martin Luther King per i diritti dei neri passata alle cronache come la “Bllody Sunday” statunitense. Partecipano le massime cariche americane, fra cui lo stesso Obama. Ironia della sorte a pochi chilometri dalla storica città, a Madison, una telefonata arriva al commissariato. Viene segnalata la presenza di una persona che salta in mezzo al traffico mettendo in pericolo gli automobilisti. Sul posto arrivano gli agenti e sparano a Tony Robinson, 18 anni. Il giovane muore poco dopo, scoppia il caos: le forze dell’ordine vengono accusate di aver aperto il fuoco contro un teenager disarmato. “Quello che è successo a Ferguson non è una completa aberrazione, un caso isolato -commenta accigliato il presidente Usa – è qualcosa che continua a succedere”.
L’ultimo omicidio è del 4 aprile ma la notizia viene diffusa solo nelle ultime ore. Si tratta di un atto efferato, di cui viene pubblicato un video. In South Carolina un poliziotto spara 8 volte alle spalle di un nero disarmato che stava fuggendo. L’agente, arrestato e incriminato, prova a difendersi: dice di aver temuto per la sua vita visto che l’uomo, un 50 enne, gli aveva sottratto la pistola Taser durante un controllo stradale. Ma le immagini lo inchiodano. E l’America sembra ripiombare negli anni più oscuri del suo passato.