Una crisi di governo sotto l’albero?

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Trascorrono i mesi e il dibattito sul fondo salva Stati non compie passi in avanti, al contrario galleggia tra le indecisioni nazionali e quelle a livello europeo. La riforma del Mes riuscirà ad essere realizzata? La domanda è ancora senza risposta.

Su cosa voterà il Parlamento la settimana prossima?

Dopo anni di negoziato, l’Eurogruppo ha raggiunto il via libera dei ministri delle Finanze alla riforma del trattato sul Mes. La firma del nuovo trattato, attesa per fine gennaio, necessita però di un primo passaggio alle Camere che avverrà prima del Consiglio europeo previsto per il 10-11 dicembre. Di qui l’urgenza del Governo di assicurarsi una maggioranza compatta sulla riforma del trattato che va a cambiare alcuni aspetti importanti della disciplina nel Mes, ma che non riguarda affatto l’accesso o meno al canale di sostegno di crisi pandemica che rimarrà aperto, alle stesse condizioni concordate lo scorso maggio, fino alla fine del 2022.

La differenza tra il Mes per la Pandemia e il Mes “ordinario”

La riforma del Mes riguarda invece l’intera organizzazione intergovernativa istituita nel 2012 come cassa comune delle garanzie offerte dai Paesi dell’eurozona per raggiungere una capacità massima di prestito fino a 500 miliardi di euro. Al momento ci sono stati cinque interventi autorizzati per il salvataggio di Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro, e a favore della Spagna per la sola ricapitalizzazione indiretta delle banche in difficoltà. Ma tali aiuti richiesti in passato non sono paragonabili al sostegno di crisi pandemica stabilito nei mesi scorsi e per il quale nessun Paese ha ancora fatto richiesta. 

Come funzionerà dopo la riforma

La riforma rafforza il ruolo dell’organizzazione intergovernativa nella progettazione, negoziazione e monitoraggio dei programmi di assistenza finanziaria. Insomma con il nuovo Mes verranno introdotte anche nuove norme concernenti le operazioni di salvataggio dei Paesi da parte del Meccanismo, che assieme alla Commissione europea avrà il compito di analizzare la sostenibilità del debito degli Stati in difficoltà e dunque la loro futura capacita’ di ripagarlo. Un’impostazione che lascia più di qualche perplessità. 

Il dibattito politico

Il fondo salva Stati, insieme ad altri temi come le riforme e la patrimoniale, è al centro del dibattito politico. Un dibattito che si è trasformato ormai in un tutti contro tutti: dentro la maggioranza, con il Partito Democratico schierato per il Mes assieme a Italia Viva ma contro i Cinque Stelle e pezzi della sinistra in attesa del voto di mercoledì 9 sulle comunicazioni di Conte; dentro i partiti, con le fibrillazioni interne ai pentastellati e i dissidenti dem in Senato che si organizzano contro la linea della segreteria sulle misure anti Covid; dentro il governo, dove i vertici si susseguono ormai senza soluzione di continuità, ma quasi mai arrivano a meta.

Ce n’è più che a sufficienza per aprire gli scenari più diversi, dalla crisi di governo al rimpasto (che tutti ufficialmente negano di volere), per arrivare al voto anticipato e tutti notano come la tela dell’esecutivo sia sempre più sfibrata ma a ogni ostacolo mostri una insospettabile tenuta. 

Serena Livoli: