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L’ultimo saluto a Sergio Zavoli

Alberto Barachini, Presidente della Commissione di Vigilanza Rai, "un protagonista della cultura e della vita democratica"

Il Senato apre i lavori con la commemorazione di Sergio Zavoli, morto martedì notte a Roma all’età di 96 anni. Palazzo Madama ricorda il giornalista in avvio di seduta, alle 9.00. Zavoli è stato senatore dal 2001 al 2018.

Camera ardente a Rimini venerdì e sabato al Teatro Galli per Zavoli

Dopo i funerali religiosi che si terranno a Roma Sergio Zavoli sarà portato a Rimini dove verrà aperta la Camera ardente al Teatro Galli. Sarà possibile porgergli l’ultimo saluto venerdì pomeriggio dalle 17.00 alle 19.00 e sabato mattina dalle 10.00 alle 12.00.

Le parole del presidente del Senato

Giornalista e scrittore di incredibile talento e brillante intelligenza, è stato tra i più vivaci e importanti narratori della nostra storia”. Con queste parole il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha aperto il suo omaggio a Sergio Zavoli, nell’Aula del Senato che ha tributato al giornalista scomparso un minuto di silenzio.

“Entrato in Rai giovanissimo, fu ideatore e conduttore di molte trasmissioni di inchiesta e di approfondimento. Il suo volto e la sua voce – ha sottolineato Casellati – divennero per milioni di italiani la garanzia di un giornalismo di qualità, fatto di passione, di ricerca instancabile della verità e di rispetto”.

I primi passi alla Rai nel giornalismo sportivo: “Indimenticabile – ha sottolineato Casellati – il suo “Processo alla tappa” del Giro d’Italia, nel pieno degli anni ’60, in cui riuscì a fondere sport e cultura, coinvolgendo nella sua trasmissione intellettuali del calibro di Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia”.

Poi l’impegno per approfondire “temi politici complessi – dall’ascesa del fascismo agli anni bui del terrorismo – che ancora oggi rappresentano un patrimonio di conoscenza di incredibile attualità. Oltre alla voce inconfondibile, seppe coniugare nella ricostruzione storica rigore e potenza narrativa“.

Da presidente della Rai, dal 1980 al 1986, “affrontò la sfida del superamento del monopolio della tv di Stato, nella convinzione che il pluralismo e la concorrenza fossero un mezzo di promozione della crescita culturale e civile della società”.

E ancora l’attività in Senato, dal 2001 e poi per altre tre legislature: “In ogni suo intervento – ha detto ancora Casellati – seppe distinguersi per autorevolezza, competenza, serietà, grande rispetto per l’istituzione parlamentare”.

Il cordoglio di Franceshini

“Nella vita capita di incontrare qualche gigante, anche se lo si capisce dopo molto tempo. Zavoli era un gigante umano, professionale e politico“.
É un passaggio dell’intervento di Dario Franceschini, ministro dei Beni e attività culturali e del Turismo, che nell’Aula del Senato ha reso omaggio a Sergio Zavoli.

“Giustamente – ha sottolineato Franceschini – è stato ricordato come maestro del giornalismo, pioniere, da quando Vittorio Veltroni identificò il talento di questo ragazzo che lavorava in radio a Rimini per chiamarlo in Rai.

Da allora ci ha indicato la strada, ha formato generazioni. É stato un uomo di cultura, di cinema, scrittore, parlamentare orgoglioso di essere stato eletto nella sua Rimini, poeta. E in un’età in cui tutto è veloce e superficiale è stato la forza della quiete, delle pause di riflessione, dell’analisi, mai dell’ostilità verso gli avversari, mai dell’aggressività nelle interviste”. 

Il ricordo del presidente della commissione di Vigilanza Rai

“Con Sergio Zavoli ci lascia un protagonista assoluto della cultura e della vita democratica del nostro Paese. Tutta la sua esistenza lo ha visto al centro dei fatti più significativi della storia italiana. Il suo stile di racconto, dal primo Giro d’Italia alla Notte della Repubblica, è diventato patrimonio della nostra società e del nostro costume.
Ricoprendo la carica di presidente della Rai, prima, e della commissione di Vigilanza, poi, è stato un esempio di pluralismo e rispetto delle regole. La sua voce sarà sempre ricordata come il timbro di un’Italia per bene“. É l’omaggio del presidente della commissione di Vigilanza Rai, Alberto Barachini.

Foa e Salini, perdita incolmabile non solo per Rai

”La scomparsa di Sergio Zavoli rappresenta una perdita incolmabile non solo per la Rai, con la quale la sua storia professionale e personale è profondamente intrecciata, ma per tutto il Paese”.

Lo scrivono in una nota il presidente della Rai Marcello Foa e l’amministratore delegato Fabrizio Salini. ”Dopo aver esordito in radio ed aver dato anche in quei primi anni il suo insostituibile contributo, Sergio Zavoli, successivamente impegnato con spessore e intelligenza nel giornalismo sportivo, ha firmato inchieste articolate e penetranti che hanno segnato in profondità la storia civile del paese: approfondimenti come “Nascita di una dittatura” e “La notte della Repubblica” hanno ripercorso in forma problematica pagine drammatiche di storia nazionale mettendo in luce elementi di debolezza e anche capacità di riscatto della società italiana in quei cruciali passaggi.

La presidenza della Rai in anni difficili, ruolo svolto sempre con spirito di servizio autentico, ha caratterizzato in profondità un passaggio fondamentale nella storia dei media in Italia. Il successivo periodo nelle Istituzioni come senatore della Repubblica e il ruolo di presidente della Commissione di Vigilanza sul sistema radiotelevisivo sono stati il naturale completamento di un percorso di impegno civile, che Zavoli ha interpretato con un senso profondo dello Stato, inteso come articolazione delle istituzioni democratiche e di servizio alla comunità nazionale.

Scrittore attento e acuto, ha valorizzato la lingua italiana utilizzandola con sapienza di volta in volta per veicolare notizie, impressioni, descrivere fatti, spiegare fenomeni sociali e processi politici complessi; Sergio Zavoli è stato un intellettuale al servizio del paese formatosi e cresciuto in Rai, autenticamente intesa come Servizio Pubblico”, conclude la nota Rai.

Sindaco di Rimini, facevamo tardi a parlare della città

“Ci sentivamo spesso. Ci vedevamo con un piccolo gruppo di amici qua a Rimini per un piatto di tagliatelle o qualche pesciolino”.
Sono le parole del sindaco di Rimini Andrea Gnassi a ricordo di Sergio Zavoli.

“Non nascondo di essere particolarmente addolorato, triste, per questa scomparsa, avendo nel cuore di Sergio questo personale impasto di amicizia paterna, vera e rispettosa, mai esclusivamente assorbito dal racconto dei ricordi ma invece pieno della voglia di guardare al futuro, fino all’ultimo”.

“Non più tardi di due anni fa – ricorda il primo cittadino – quando venne a Rimini a presentare il suo libro ‘La strategia dell’ombra’, e poi ancora in altre occasioni, facevamo tardi a parlare di Rimini, di come potesse stare meglio con se stessa e nel mondo”.

Il ricordo del vescovo di Rimini

Se ne è andato l’uomo che, “lanterna in mano e con ‘fide infirma’, affrontava l’inestinguibile mistero che mette insieme, divide e ricompone senza posa ragione e fede”. Il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi ricorda lo scomparso Sergio Zavoli con un’immagine che lo stesso giornalista si era dipinto addosso.

Zavoli, aggiunge Lambiasi, ora accende “in modo definitivo quella lanterna e ricompone quanto a lungo cercato con profonda onestà intellettuale e grande umanità”.
Zavoli, ricorda il vescovo, “ha sempre mantenuto un legame vivo, vero e profondo” con Rimini e la città “lo ha nominato con orgoglio cittadino onorario nel 1972 legando il suo nome al grande amico Federico Fellini”.

Era un uomo di “profonda cultura e di generosa comprensione per l’umano, che gli si riconosceva nell’annunciare le notizie più sensibili”, protagonista di tante inchieste, in particolare quella dedicata al mondo della clausura.
“Era la prima volta, infatti, che un microfono entrava in quelle mura, intrise di silenzio e preghiera”, rimarca Lambiasi.

Una volta, al cardinale Giacomo Biffi disse: “Anche il gettare nel tuo orto il solo sospetto che Dio ci sia è opera dei grandi seminatori” disse una volta parlando del cardinale Giacomo Biffi. Zavoli, conclude il vescovo Lambiasi, “con la sua profonda cultura e l’altissimo senso di umanità che ha disseminato in una carriera fatta di saggi, poesie, trasmissioni televisive, inchieste, ha gettato ben più d’un sospetto sul Verbo fattosi carne, proprio come i grandi seminatori di cui ha raccontato”.

Le trasmissioni di Zavoli che hanno fatto storia

Dalla voce delle suore di clausura alla fine degli anni ’50, passando per il ‘Processo alla tappa’ apripista di tanti programmi sportivi, e poi i matti visti per la prima volta per raccontare l’opera di Basaglia fino ad arrivare ai racconti dell’Italia pre fascista in Nascita di una dittatura e del terrorismo di Notte della Repubblica con la parola data anche ai protagonisti degli anni di piombo: i programmi, le inchieste approfondite, la cronaca insieme alla riflessione, per tutte queste cose Sergio Zavoli è stato un maestro del giornalismo applicato al mezzo televisivo.

Le sue inchieste, ma anche i suoi servizi per Tv7, sono uno dei patrimoni più belli della Rai e molti si possono rivedere su RaiPlay e Rai Storia.

 

“La notte della Repubblica” è un capolavoro dell’inchiesta storica: diciotto puntate che all’epoca, tra la fine del 1989 al 1990, incollarono il pubblico su Rai uno, con le ferite ancora aperte, il dibattito in corso e i processi pure. Con quel lavoro immenso, con un numero impressionante di esperti, testimoni e protagonisti, si provava a diramare una matassa complessa e tragica che aveva coinvolto tutta la società: l’Italia delle stragi, della contestazione, dei tentati golpe, della strategia della tensione, delle Brigate Rosse e dei Nar.

Tra ricostruzioni e filmati Zavoli metteva lì davanti i protagonisti: il loro racconto ‘dal di dentro’ faceva impressione. Ci fece vedere in faccia Moretti, Toni Negri, Fioravanti e Mambro, il racconto del pentito Patrizio Peci cui per ritorsione le Br uccisero il fratello mette i brividi anche a ricordarlo, la commozione di Franco Bonisoli tra i rapitori di Moro riportò una luce umana sull’utopia sanguinosa dei terroristi. Ancora oggi se vogliamo approfondire la stagione del terrorismo italiano dobbiamo guardare alla Notte della Repubblica.

“Nascita di una dittatura”, che si può rivedere su Rai Storia, andò in onda nel 1972, dopo quattro anni di lavoro e la consulenza di storici come Renzo De Felice, Gabriele De Rosa, Gastone Manacorda, Salvatore Valitutti. Tra filmati delle teche Rai e ricostruzioni, Zavoli per raccontare in sei puntate l’ascesa di Benito Mussolini e l’affermazione dell’ideologia del Duce con la marcia su Roma portò in tv tanti protagonisti personalità dell’antifascismo ma anche del fascismo dando la parola a Ferruccio Parri, Pietro Nenni, Umberto Terracini, Giovanni Gronchi, Arturo Carlo Jemolo, Emilio Lussu e molti altri. Ma se la storia e la politica furono i suoi interessi, la passione era il ciclismo.

10 anni prima, 1962, il suo “Processo alla tappa”, programma sul Giro d’Italia, è stato il padre di tutte le trasmissioni sportive perché trattava lo sport in un modo diverso: alla fine di ogni tappa del Giro da un palco improvvisato vicino al traguardo commentavano atleti, giornalisti, direttori sportivi, cronisti come Gianni Brera, Enzo Biagi e Indro Montanelli.

La Domenica Sportiva per citarne uno solo tra i tanti è la figlia di quell’idea.
Il primo esperimento Zavoli lo aveva fatto alla radio nel ’58, poi nel ’62 su Rai 1 e per molti anni a seguire per essere poi ripresa con altri conduttori.

Tra i tanti servizi tv di Zavoli, che poi nel 2001 sono confluiti in Diario di un cronista, ci furono quello sul terremoto del Belice, sui ‘matti’ di Basaglia con le telecamere nell’ospedale psichiatrico di Trieste, i braccianti agricoli nel ’68 uccisi dalla polizia (I giardini di Avola).

L’inizio fu radiofonico: anche qui Zavoli fece epoca. Nel 1958 realizzò un documentario (premiato tra l’altro con Il Prix Italia): “Clausura”.
Per la prima volta un microfono entrò in un monastero di clausura (era quello di via Siepelunga a Bologna). Nel rispetto dell’obbligo alla riservatezza imposto dalla regola, le riprese sonore furono effettuate dalle monache stesse. Il microfono passato attraverso la grata permise di documentare la vita di questa comunità di Carmelitane Scalze.

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