La provocazione (perché in fondo di quello può trattarsi) di rinviare le elezioni presidenziali probabilmente resterà nel novero delle idee choc. La scelta di chiudere alla stampa la convention repubblicana di fine agosto a Charlotte, invece, è qualcosa di ben più concreto. E Trump stavolta la storia la fa davvero perché, nella storia moderna degli Stati Uniti d’America, era qualcosa di mai accaduto. L’appuntamento è di quelli importanti, perché i delegati voteranno per consegnare formalmente al presidente in carica lo status definitivo di candidato alle elezioni di novembre. Che comunque si terranno.
Trump, convention ridotta
Per la prima volta assoluta, però, alla convention della North Carolina non ci saranno giornalisti. La decisione, ufficialmente, è dovuta all’emergenza coronavirus: per assicurare il rispetto delle norme di distanziamento sociale, infatti, Trump ha deciso di non aprire la sala alla stampa, chiedendo ai giornalisti di seguire il tutto via streaming. Niente convention in presenza quindi, laddove già in fase di organizzazione si era avanzato più di qualche dubbio sull’evento. Il richiamo, infatti, è piuttosto importante, considerando la presenza di migliaia di persone tra responsabili, staff, delegati e, appunto, giornalisti.
Da Charlotte a Jacksonville. E ritorno
Inizialmente, vista la situazione, Trump aveva deciso di trasferire il giorno della nomina definitiva (la riunione dei delegati si svolgerà dal 21 al 24 agosto) a Jacksonville, in Florida. Decisione rientrata praticamente subito, visto che proprio lo Stato del sud-est degli Usa è diventato uno dei principali focolai di coronavirus del Paese. Si è tornati quindi a Charlotte, con misure precauzionali quali la riduzione del numero di delegati e, ora, anche la chiusura alla stampa. Un unicum nella storia americana, perlomeno dei decenni più recenti, ma decisamente più fattibile di un rinvio delle elezioni.