Primo piano

Trent’anni senza Troisi, il genio gentile

Difficile chiedere qualcosa in cambio per dipingere degli sprazzi di bellezza. Perché, spesso, chi è in grado di creare arte lo fa con quella passione che va molto al di là del semplice amore per il proprio lavoro. Lì, nell’espressione del suo genio, c’è innanzitutto l’amore per la vita. E per chi vi orbita attorno, vivendone ognuno il frammento che gli è concesso. Il cinema di Massimo Troisi galleggiava nel tessuto che separa la realtà e l’immaginazione, l’amarezza del presente e la dolcezza di un futuro sognato. Perché in personaggi come il postino Mario c’è tutto quello che ci si aspetterebbe di trovare nell’anima dell’uomo: l’innocenza di un amore vero, uno sguardo sul mondo da un luogo in cui la società stessa tende a chiudersi ai cambiamenti del proprio tempo. E, soprattutto, quello spazio di vita indispensabile per essere maestro della parola anziché suo semplice trasportatore.

Il controcanto di Troisi

A trent’anni dalla sua scomparsa, di Massimo Troisi sembra quasi di sentire ancora il tono di voce. Delicato, quasi imbarazzato, tanto filosofeggiante nella sua satira quanto deciso nei messaggi da veicolare. Sottile e ricercato laddove il cuore della sua terra avrebbe messo intensità e passionalità. Senza rinunciare, però, a quell’ironia tagliente così squisitamente meridionale, consapevole di essere, dietro la risata (o dietro il sorriso) procurata, un messaggio forte e chiaro. “Io credo che in lui ci fossero varie cose a renderlo speciale – ricorda a Interris.it Fulvia Caprara, critica cinematografica de La Stampa -. Pensiamo innanzitutto al posto da cui veniva: San Giorgio a Cremano, una parte di hinterland napoletano, spesso luoghi difficili in cui vivere. Lui esprimeva un controcanto assoluto: gentilezza, raffinatezza nei rapporti, affetto tra le persone, sincerità… Tutti valori disattesi, non solo lì ma nella società in cui viviamo”.

Le donne e gli uomini

L’abilità, tipica del genio, di spostarsi al di qua e al di là della macchina da presa, contribuì a renderlo, in poco tempo, un artista completo. Capace di suscitare emozioni attraverso la recitazione ma anche tramite una ricercata sensibilità di regista: “Molto interessante, ad esempio, era il suo atteggiamento verso le donne. Se guardiamo tutti i suoi film, in un modo molto buffo, era sottolineata e sancita una certa inadeguatezza dei maschi rispetto alle donne, ritenute molto più decise e combattive. Nella commedia e nella comicità di allora le donne erano considerate in altri termini. Lui le posizionava su un piano alto e mostrava su quali aspetti fossero più avanti”. Una posizione rivoluzionaria, in un momento storico in cui l’Italia attraversava sconvolgimenti quotidiani, sui quali la cinepresa di Troisi non ha mai smesso di focalizzarsi, anche con poca apparenza: “In quegli anni, spesso molto violenti, lui catturava la parte della ribellione in una maniera sensibile, mai aggressiva. La ribellione verso gli stereotipi sul Sud la restituiva con una tenerezza d’animo. L’umiltà, la tenerezza, il mettere i rapporti affettivi in primo piano, sono cose che restano”.

Il valore dell’amicizia

Ribaltare i luoghi comuni, restituendo un’immagine rinnovata dell’uomo, dell’italiano, del meridionale. Utilizzando toni sommessi e pungenti al tempo stesso, lontani dagli stereotipi: “In questo era rivoluzionario. Se pensiamo a come era percepita la comicità, anche al Sud, lui andava in un’altra direzione. Ettore Scola lo definì ‘un intellettuale meridionale’, che esprimeva un modo di agire e di rispondere ai fatti della vita che aveva dietro un’idea filosofica”. Senza dimenticare di ribadire, praticamente in ogni opera, il valore dell’amicizia. Quella costruita, come nel caso di Mario e Neruda, ma anche quella spontanea, forgiata da esperienze condivise: “Molto importante – racconta Caprara – fu l’amicizia con Pino Daniele. Un musicista di successo, che veniva anche lui da quartieri molto disagiati, e un attore, che insieme riuscivano a creare cose così importanti. Era come se Pino Daniele esprimesse, in musica, il sentimento che Troisi voleva mettere in certe scene”.

Troisi e Napoli

In fondo, nessun cambiamento trancia le proprie radici. E, oggi come trent’anni fa, l’arte di Troisi consegna allo spettatore uno spaccato dell’Italia che non nasconde le sue ombre ma che nemmeno oscura le sue luci: “Napoli ha bisogno di questi nomi tutelari, perché hanno interpretato l’anima della città, complessa e con molti chiaroscuri. Averne interpretato però il lato meno esposto, meno comprensibile dall’esterno, porta a una sorta di gratitudine verso Troisi e, in generale, verso chi fa vedere la grandezza di una città molto criticata e sovraesposta per i suoi lati oscuri. A Napoli ci sono tantissime persone per bene, che lavorano e si danno da fare. E chi parla di loro, chi le fa conoscere, si guadagna tanto affetto”. Tanto nella commedia quanto nella vita.

Damiano Mattana

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