Trenta anni dall’omicidio di Antonino Scopelliti. Chi era il giudice antimafia

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“30 anni fa il sacrificio del Giudice, Antonino Scopelliti, un omicidio su cui bisogna fare chiarezza. Ricordare la figura di questo costruttore della legalità significa rinnovare il nostro impegno contro ogni forma di malaffare”. Lo ha scritto oggi, su Facebook, il senatore di Italia Viva, Ernesto Magorno, ricordando il giudice vittima di mafia ucciso in terra di ‘Ndrangheta.

Chi era il giudice antimafia Antonino Scopelliti

Il giudice di Cassazione antimafia Antonino Scopelliti – soprannominato “il giudice solo” – nacque a Campo Calabro il 20 gennaio 1935. Venne assassinato a Villa San Giovanni, il 9 agosto 1991. Scopelliti venne intercettato dai suoi assassini mentre, a bordo della sua automobile, una BMW, rientrava in paese dopo avere trascorso la giornata al mare. L’agguato avvenne all’altezza di una curva, poco prima del rettilineo che immette nell’abitato di Piale, una frazione di Villa San Giovanni.

Gli assassini, almeno due persone a bordo di una moto, appostati lungo la strada, spararono con fucili calibro 12 caricati a pallettoni. La morte del magistrato, colpito con due colpi alla testa esplosi in rapida successione, fu istantanea. L’automobile, priva di controllo, finì in un terrapieno.

Quando fu ucciso il giudice stava preparando, in sede di legittimità, il rigetto dei ricorsi per Cassazione avanzati dalle difese dei più pericolosi esponenti mafiosi condannati nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra.

Mafia e ‘Ndrangheta insieme

Si ritiene che per la sua esecuzione si siano mosse insieme la ‘ndrangheta e Cosa Nostra, dopo che il magistrato rifiutò diversi tentativi di corruzione. Il pentito Marino Pulito rivelò che a Scopelliti furono offerti 5 miliardi di lire italiane per “raddrizzare” la requisitoria contro i boss della Cupola siciliana. Anche secondo i pentiti della ‘Ndrangheta Giacomo Ubaldo Lauro e Filippo Barreca, sarebbe stata la Cupola di Cosa Nostra siciliana a chiedere alla ‘Ndrangheta di uccidere Scopelliti, che avrebbe rappresentato la pubblica accusa in Cassazione nel maxi processo a Cosa Nostra.

Tutti assolti

Per la sua uccisione furono istruiti e celebrati presso il Tribunale di Reggio Calabria ben due processi, uno contro Salvatore Riina, Bernardo Brusca, Pietro Aglieri, Giuseppe Calò, Antonino Geraci, Salvatore Buscemi, Salvatore Montalto e Giuseppe Lucchese, ed un secondo procedimento contro Bernardo Provenzano, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, Raffaele Ganci, Giuseppe Farinella, Antonino Giuffrè, Giuseppe “Piddu” Madonia, Benedetto Spera, Mariano Agate e Nitto Santapaola (tutti membri delle “Commissioni” provinciale e regionale di Cosa Nostra e quindi accusati di essere i mandanti del delitto).

Furono tutti condannati in primo grado nel 1996 e nel 1998 e successivamente tutti assolti in Corte d’Appello nel 1998 e nel 2000 perché le accuse dei diciassette collaboratori di giustizia (cui si aggiunsero in un secondo momento quelle del boss Giovanni Brusca) vennero giudicate discordanti.

La riapertura delle indagini

Dopo anni di stasi giudiziaria nei quali non si è riusciti ad assicurare alla giustizia i responsabili del delitto, l’11 luglio 2012 nel corso di un’udienza del processo “Meta” contro la ‘ndrangheta a Reggio Calabria, il pentito della cosca De Stefano, Antonino Fiume, ha dichiarato che ad uccidere il giudice sarebbero stati due reggini su richiesta di Cosa nostra. Il collaboratore di giustizia, però, su invito del pubblico ministero non ha fatto i nomi dei presunti killer. Un omicidio che attende giustizia da 30 anni.

Nel video di Tg2000 (di due anni fa) la ricostruzione dell’omicidio Scopelliti.

Milena Castigli: