Per difenderci dal terrorismo dobbiamo rinunciare a qualcosa. Una realtà che i leader europei hanno fatto propria dopo gli attacchi di Bruxelles della scorsa settimana. Così, in occasione della riunione del comitato Ue per la sicurezza aerea, saranno discusse nuove misure di sicurezza per gli aeroporti. Il modello che verrà preso in considerazione è quello di Tel Aviv, con l’introduzione di un primo controllo di sicurezza subito all’entrata degli scali, con metal detector e controllo di biglietto e passaporto.
Lo stesso aeroporto Domodedovo di Mosca, dopo l’attacco simile a quello di Bruxelles avvenuto nel 2011 con un kamikaze che uccise 37 persone nell’area d’ingresso, ha introdotto questo tipo di protocollo. Il Comitato per la sicurezza aerea valuterà anche i contro: costi aggiuntivi dell’ordine del 10%, il rischio che un kamikaze possa comunque farsi esplodere tra le persone in fila ai metal detector, soprattutto nei grandi aeroporti con migliaia di persone in affluenza ogni ora. E il messaggio di paura che in questo modo l’Europa invierebbe agli stessi terroristi.
“Il rischio zero non esiste, per questo l’obiettivo sarà mantenere un approccio di proporzionalità”, hanno spiegato le fonti Ue, secondo cui si andrà verso “raccomandazioni non vincolanti” in cui “a decidere saranno i singoli aeroporti”, soprattutto per non pesare su quelli regionali più piccoli, target meno appetibili per i terroristi e dove i costi si rivelerebbero troppo alti.
Sul fronte della sicurezza nelle metro, Bruxelles non ha poteri, in quanto si tratta di trasporti locali. In ogni caso molte città, da Madrid a Londra, da Mosca a Parigi, sono già state vittime di bombe in passato ma, sia per i costi che per l’impossibilità di mettere scanner o controlli a ogni ingresso e uscita di tutte le stazioni, nessuna ha mai introdotto misure.