Donald Trump ha avuto una conversazione telefonica con Tsai Ying-wen, presidente di Taiwan. Una svolta che può riaprire le relazioni diplomatiche tra i due Paesi dopo 37 anni ma rischia di far infuriare la Cina e, quindi, di vanificare il lavoro fatto dall’amministrazione Obama per creare una nuova era nei rapporti con Pechino.
La telefonata
I primi a dare la notizia del colloquio sono stati il Financial Times e il Taipei Times. Poi è arrivata la conferma di un portavoce del neo presidente Usa. I due leader – dopo le congratulazioni di rito al tycoon per la vittoria nella corsa alla Casa Bianca – avrebbero quindi espresso la volontà di riallacciare le relazioni tra Washington e Taipei. Con buona pace di Pechino che considera l’isola di Taiwan non uno Stato indipendente ma una sua provincia.
Pechino cauta
Anche se i primi commenti giunti dal grande Paese asiatico sembrano minimizzare l’accaduto. Il ministro degli Esteri, Wang Yi, si è detto speranzoso che l’accaduto non creerà “interferenze o rotture” nelle relazioni con Washington. “Questa è solo una piccola manovra fatta da Taiwan – ha spiegato a Phoenix Tv- Fondamentalmente è impossibile che cambi la struttura di una ‘unica Cina‘ che si è già formata nella comunità internazionale. Credo inoltre che (la telefonata, ndr) non possa alterare la politica di un’unica Cina per molti anni sostenuta dal Governo degli Stati Uniti. Il principio di un’unica Cina è il fondamento del sano sviluppo delle relazioni sino-americane“.
Imbarazzo
E, in effetti, poco dopo la Casa Bianca si è affrettata a precisare che sulla politica della “One China” non ci sarà “alcun cambiamento”. Ned Price, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, ha chiarito che gli Stati Uniti sono interessati a “relazioni stabili con Pechino”.
I rapporti
Dal 1972 gli Usa perseguono la politica chiamata “One China”, una sola Cina, da quando il presidente Richard Nixon visitò Pechino e avviò un percorso di disgelo tra le due super potenze. Nel 1978 il presidente Jimmy Carter riconobbe formalmente il governo di Pechino come l’unico per tutta la Cina, compresa Taiwan. Seguì la chiusura dell’ambasciata Usa a Taipei l’anno seguente.