All’indomani dei funerali delle trentaquattro vittime marchigiane, decedute nella notte del 24 agosto, a causa del sisma che ha scosso il centro Italia, è già il tempo delle polemiche. Ad alimentarle, le dichiarazione del Procuratore Capo di Rieti, Giuseppe Saiveia. Secondo questi, infatti, nella scuola elementare appena ristrutturata che si è sbriciolata, nel campanile restaurato tre volte che poi diventa la tomba di un bambino di pochi mesi. nelle case crollate sotto il peso dei soffitti in cemento armato poggiati sopra fragili mura di sassi, “c’è più sabbia che malta. No, quanto accaduto non può essere considerato solo frutto della fatalità”, ha affermato Saieva. La domanda che si pone il Procuratore è quella che riempie la mente di molti italiani: c’è una responsabilità “altra” per la strage dei quasi trecento morti causata dal terremoto?
Dal suo ufficio di Rieti fa sapere che “Sono loro, per ora, la mia priorità”. Le salme. Da identificare ufficialmente, da sottoporre ad esame medico- legale una per una. “Tutte le nostre risorse sono impegnate su questo fronte”. Ma il procuratore, che ha aperto un’inchiesta per disastro colposo e omicidio colposo, è ben consapevole dell’enorme mole di lavoro che lo apsetta. La mattina del 24 agosto, infatti, a poche ore dalla prima scossa, è andato personalmente sui luoghi del disastro. “Per portare la mia solidarietà”, ha spiegato. Ma era anche un sopralluogo. Una visita che segna, di fatto, il primo atto della sua inchiesta. “All’ingresso del paese ho visto una villa schiacciata sotto un’enorme tettoia di cemento armato. Poco lontano c’era anche un palazzo di tre piani che aveva tutti i tramezzi crollati. Devo pensare che sia stato costruito al risparmio, utilizzando più sabbia che cemento. Cose che accerteremo a tempo debito. Se emergeranno responsabilità e omissioni, saranno perseguite. E chi ha sbagliato, pagherà”.
Sotto le macerie di Amatrice, insieme ai ricordi di una vita di tanti sfollati, ci sono anche le carte su cui si baserà l’indagine della Procura di Rieti, affidata a un team di quattro magistrati. Sono i documenti raccolti dagli uffici tecnici del comune laziale (dove il municipio è devastato) e Accumoli, dove il campanile della chiesa è caduto. Permessi di costruzione, autorizzazioni, adeguamenti antisismici, progetti esecutivi, collaudi, relazioni dei direttori dei lavori: tutta la burocrazia di ogni singolo edificio, appartamento, palazzo o chiesa di questo territorio, inserito dai geologi nella zona rossa, ovvero a rischio sismico massimo, sarà vagliato dagli inquirenti.
Tuttavia, la polizia giudiziaria non ha ancora acquisito il materiale. Quando tutti i faldoni saranno nelle mani delle forze dell’ordine, l’indagine darà la precedenza agli immobili che hanno subito i danni maggiori e a quelli dove ci sono state delle vittime. Secondo una prima stima, sono ben 115 gli edifici crollati o gravemente lesionati nei due comuni del reatino. I giudici, inanzitutto, verificheranno se i palazzi costruiti di recente, o modificati negli ultimi 15 anni, sia conforme al testo unico del 2001, la norma base con le disposizioni in materia di progettazione antisismica. Ulteriori accertamenti saranno poi svolti su come sono stati realizzati i progetti dalle imprese. E ancora, si analizzeranno i collaudi, se sono stati fatti per tutti e correttamente.
Tra i tanti edifici da analizzare, spicca anche la scuola Romeo Capranica di Amatrice. Il crollo di quello che doveva essere il luogo più sicuro del paese è divenuto il simbolo di un fallimento. Infatti, nel 2010, il comune di Amatrice ha ricevuto un primo finanziamento di 500 mila euro dal fondo per l’edilizia scolastica. A questi, dopo il sisma dell’Aquila, se ne sono aggiunti altri 200 mila, stanziati dalla Regione Lazio con l’obiettivo specifico del miglioramento antisismico di quell’edificio. In realtà, questi ultimi fondo sono stati anticipati dalle casse comunali, perché ancora oggi non sono stati erogati dalla Provincia.
L’istituto viene comunque ristrutturato e inaugurato in tempi record: due anni. Più precisamente il 13 settembre 2012, alla vigilia dell’inizio dell’anno scolastico. Tuttavia, c’è un velo nero sull’esecuzione dei lavori. Dai documenti si è appreso che l’appalto è stato vinto dal Consorzio Stabile Valori, controllato dalla Dionigi srl, di cui è socio l’avvocato amministrativista Francesco Mollica, 39 anni. Un suo zio, l’imprenditore di Patti, Pietro Tindaro Mollica, si è ritrovato più volte coinvolto in vicende giudiziarie, senza però aver mai riportato condanne e ottenendo da Tar e Consiglio di Stato l’annullamento di alcune interdittive antimafia. Ad oggi, Pietro Tindaro Mollica è ancora imputato per bancarotta. Attraverso l’avvocato Filippo Dinacci, il Consorzio stabile Valori, rappresentato da Valentino Di Virgilio, spiega: “Eseguiamo i lavori attraverso circa 80 consorziate. Nel caso di Amatrice sono stati assegnati ed eseguiti totalmente dalla Edil Qualità di Roma. Siamo certi della correttezza dell’operato dell’impresa costruttrice”.
C’è poi un altro nodo da sciogliere, quello riguardante un ulteriore appalto “per la prevenzione e riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi anche non strutturali della Capranica”. La gara, per un valore di 172.000, si è aperta il 22 dicembre scorso. A vincerla fu la ditta Cricchi, con un ribasso del 36,1 per cento. Solo pochi giorni prima del terremoto, alla preside della scuola venne comunicato che si sarebbe fatto un intervento al tetto. Le prime foto degli interni, scattate dalle squadre dei vigili del fuoco dopo il sisma, sembrano però suggerire problemi strutturali ai pilastri più che al soffitto. Inoltre, alcune immagini televisive mostrano polistirolo e retine nelle strutture portanti. Tuttavia, Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, controbatte: “Abbiamo già notificato ai carabinieri la delibera con la quale ci costituiremo parte civile. Evitiamo qualsiasi sciacallaggio. Ho dei figli, sono il primo ad essere sconvolto”. Parole che fanno eco a quelle del Procuratore Saiveia: “L’esperienza e la logica ci dicono che, ad Amatrice, le faglie hanno fatto tragicamente il loro lavoro. E questo si chiama destino. Ma se gli edifici fossero stati costruiti come in Giappone, non sarebbero crollati”.
Parole, queste ultime, che hanno sollevato ulteriori polemiche. “Le tecnologie antisismiche più avanzate, come quelle usate in Giappone e negli Usa, ma anche in Italia, sono ottime ma poco adatte nei centri storici italiani, perché sono molto costose e invasive. E visto il numero di interventi di cui parliamo, per rafforzare gli edifici più vecchi a rischio sismico, invece, è meglio usare tecniche tradizionali, molto meno costose e più velocemente implementabili”. E’ quanto ha affermato Bernardino Chiaia, ordinario di Scienza delle costruzioni al Politecnico di Torino, che è stato anche consulente della Procura dell’Aquila sulla ricostruzione.
“In Italia – ha aggiunto -, soprattutto per rafforzare le abitazioni più vecchie a rischio è possibile fare interventi economici e velocemente utilizzando tecniche tradizionali come l’incatenamento e il rinforzo delle pareti, consentendo di ottenere quell’effetto ‘scatolare’ che evita il crollo dell’edificio sottoposto ad azioni dinamiche orizzontali. Bisogna anche alleggerire tetti e solai, per evitare gli schiacciamenti avvenuti ad Amatrice e nelle altre località”. Interventi di questo tipo, secondo Chiaia, “sarebbero di grande utilità anche come volano per le piccole e medie imprese non solo nei territori colpiti ma anche in quelli a rischio”.
Ma per questo, oltre “al Piano nazionale per sicurezza antisismica chiesto a gran voce da costruttori, ingegneri e geologi, serve anche un’informazione più approfondita sul rischio sismico. Ormai è arcinoto che tutto l’Appennino italiano è a rischio sismico e i sindaci dei Paesi lo sanno. Ma non è certo che i cittadini sappiano se le loro case, singolarmente, siano o meno a rischio sismico. Serve quindi anche una responsabilizzazione dei proprietari delle case, soprattutto di quelle più vecchie”.
Secondo Chiaia, la soluzione passa per una assicurazione obbligatoria contro i disastri naturali: “Il governo Monti nel 2012 stava per varare una legge che imponeva l’assicurazione contro terremoti e altri disastri naturali, ma poi è arrivato il sisma dell’Emilia e non s’è fatto più nulla. Un’assicurazione di questo tipo obbligherebbe a fare chiarezza sui livelli di rischio delle case, prevedendo per esempio premi meno costosi a fronte di adeguamenti della sicurezza sismica del fabbricato. Politicamente – ha concluso – non è semplice da realizzare e andrebbero studiati strumenti fiscali per attenuare i costi sociali ed una eventuali riassicurazione con lo Stato oltre una certa soglia dei danni. Ma nel resto dell’Europa questo tipo di assicurazione già c’è ed è entrata in gioco in occasione delle ultime alluvioni del Reno e del Danubio”.