Un esodo biblico che durerà oltre vent’anni. Centinaia di migliaia di persone che attraversano continenti per sfuggire alle guerre, alla fame, alle violenze. Un fenomeno che esplode oggi ma è figlio di strategie lontane. L’Europa si sente invasa. Leader ipocriti e cinici alimentano xenofobia e paura figlie di ignoranza globale. Si innalzano muri e fili spinati che pensavamo aver definitivamente abbattuti nel secolo scorso. I popoli europei si chiudono nei loro egoismi dimenticando che la Grande fuga dei popoli del Medio Oriente e dell’Africa è causata dalle scelte scellerate fatte nelle capitali del Vecchio Continente e negli Stati Uniti. Che il neo colonialismo liberista ha continuato a saccheggiare risorse sostenendo regimi tirannici che continuano a violentare i loro popoli. E per questo fuggono.
Scappare verso la vita. Rischiare di morire in questo tentativo per non consegnarsi alla rassegnazione di una morte certa per le bombe, le esecuzioni di massa o la fame. E allora andiamo a guardare nel dettaglio cosa c’è dietro questo enorme exodus. L’Africa da decenni vede nazioni travagliate da continui conflitti tribali, da dittature sanguinarie. A questi cancri si è aggiunta la deriva jihadista che attraverso la ferocia vuole conquistare potere e territori. In un continente dove carestia e sete sono endemiche. Ci sono Paesi dove i bambini che superano i due anni sono appena il tre per cento e dove si muore ancora di parto. Un continente che vive nell’incubo periodico delle epidemie mortali come l’ebola. I migranti, quelli che i cinici chiamano economici, fuggono da queste situazioni.
Aspetti che l’Occidente ignora e solo quando esplodono se ne preoccupa. L’Occidente inteso come governi perché la società civile quella delle Onlus e delle missioni cristiane queste situazioni le hanno ben presenti e le affrontano ogni giorno con il solo aiuto della solidarietà e del volontariato. In questo magma ecco che l’Occidente e l’Europa in particolare ha cercato di cambiare il destino di questi popoli iniettando nuovo caos. Ed è stata guerra in Libia. Per cacciare un dittatore. Un alibi. Gheddafi era al potere da 40 anni, c’erano prove di sostegno al terrorismo eppure nessuno aveva pensato di rimuoverlo. Sanzioni, qualche missile di avvertimento ma nulla più. Anzi, baci e abbracci con alcuni leader europei, qualcuno ha anche accettato soldi per le proprie campagne come in Francia. La ribellione libica è apparsa ad alcuni Paesi europei,come Francia e Gran Bretagna, l’occasione per prendersi le concessioni del petrolio libico.Non è un caso che pochi mesi prima della guerra di Libia del 2011, Tripoli avesse negato trivellazioni nel Golfo della Sirte a compagnie petrolifere inglesi.
Così è stato eliminato Gheddafi e la Libia da Stato monocratico si è trasformato in una bolgia con due governi, tante milizie ognuna delle quali controlla un pezzo di territorio e ha aperto la strada agli estremisti che si richiamano ai taglia gole dell’Isis. Un bel risultato. Dopo le bombe l’Europa non ha offerto nulla che servisse alla governance. Nel caos, come sempre accade, sono i criminali a trarne vantaggio e i nuovi schiavisti, che con Gheddafi erano controllati e gestiti dal rais, oggi possono agire indisturbati. E quei sapientoni che dicono andiamo in Libia a mettere i campi profughi o affondare i barconi prima che partono sparano frasi populisti da bar dello sport. Per fare campi profughi dove regna il caos e la guerriglia serve una forza militare. Si pensi a quello che è accaduto in Darfur dove i campi dell’Onu erano continuamente attaccati. Gli scafisti poi non è che stanno sulle spiagge ad aspettare come fossero bagni che affittano pedalò. I gommoni sono mimetizzati nella sabbia. I barconi ancorati tra quelli di pescatori veri. Certo qualcosa si deve fare ma per farlo dobbiamo essere consapevoli che ci vuole un’azione di guerra e c’è il rischio che muoia anche qualcuno dei buoni.
MEDIO ORIENTE
La dissoluzione dell’Iraq ha portato a un effetto a catena che sta dilaniando tutta la Mezzaluna fertile. La guerra a Saddam è stata quanto di più scellerato si possa pensare. Anche qui l’alibi di abbattere un dittatore presentando prove false e senza alcuna strategia per ricostruire il Paese. Saddam è stato giustiziato e l’Iraq è finito nel caos è stata la sorgente alla quale si è abbeverata l’ala più feroce di Al Qaeda e oggi abbiamo l’Isis. Sotto Saddam Hussein a Baghdad erano in funzione cinque sinagoghe, i cristiani professavano la loro fede senza problemi. Ospedali funzionanti, un sistema ferroviario che collegava il Paese, industrie. Dopo il 2003 nulla di tutto questo. Cristiani perseguitati, finta guerra intestina tra islamici: sunniti e sciiti tornati a odiarsi fino alla morte. In questo scenario i jihadisti, lasciata la leadership di Al Qaeda, alleati con ex ufficiali di Saddam hanno puntato alla conquista del potere. Nell’indifferenza del mondo l’Isis si è fatto Califfato. E non si dica che la colpa è di Obama che ha portato via i soldati americani dall’Iraq, perché prima e con Bush gli attentati e le stragi erano all’ordine del giorno e il governo sostenuto dalla Casa Bianca controllava a mala pena Baghdad.
Ed è arrivata la rivolta contro l’altro dittatore, Assad in Siria. E l’Occidente a battere le mani: dittatore e pure alleato di Mosca!. I ribelli laici non sono stati aiutati e l’Isis ne ha approfittato tentando di fare piazza pulita anche del gruppo Al Nusra, fedele ad Al Qaeda. Le conseguenze le abbiamo sotto gli occhi. I siriani scappano a milioni. Ora non si fermano più nei Paesi confinanti temono, a ragione, che il conflitto si allarghi. L’Isis taglia teste, distrugge i monumenti dell’antichità e l’Occidente lancia qualche bomba. Dopo mesi anche la Francia scende campo con i suoi aerei. L’Italia manda solo aiuti e istruttori. Non sia mai che decidiamo di bombardare anche noi. Bombe che colpiscono anche civili innocenti che quindi sono stretti tra tre fuochi. L’Isis, i ribelli e le forze di Assad che sparano contro tutto e tutti nello strenuo tentativo di reprimere la rivolta. La Russia ha inviato aerei in aiuto del suo alleato Assad e gli Stati Uniti alzano la voce perché bombardano anche i ribelli-laici. Ma la Casa Bianca non dice nulla ad Ankara che con la scusa di colpire l’Isis, che ha sostenuto per lungo periodo, colpisce anche i curdi unica forza che sta facendo da argine alle milizie del Califfato.
La televisione rimanda le immagini dei monumenti distrutti dagli incappucciati dell’Isis e tutti a disperarsi. Eppure basterebbe inviare alcune task force in quei siti Patrimonio dell’umanità e creare una zona sicura come hanno fatto anni fa in Kurdistan contro i raid di Saddam. Missione alla quale partecipò anche l’Italia con gli uomini della Folgore.
Siriani, iracheni etiopi, nigeriani fuggono dall’incendio che noi abbiamo appiccato e in qualche caso alimentato. Abbiamo cacciato dittatori ma non abbiamo sostenuto leader democratici. Abbiamo contribuito, invece, a distruggere classi dirigenti, e lasciare quei Paesi in mano a estremisti o, alla meno peggio, a profittatori che dissanguano quei Paesi. Oggi abbiamo paura di aprire le porte di accogliere. Qualcuno urla: aiutiamoli a casa loro. Purtroppo ci siamo andati e il risultato è questo. La soluzione non è certo nell’accoglienza. Il male va curato dove alligna. Sostenere leader nuovi e capaci, eliminare con la forza gli estremismi, e non solo i dittatori che non ci piacciano, e soprattutto con politiche economiche che aiutino quei Paesi e non che li affamino.