E’ praticamente un plebiscito quello referendario che, di fatto, lascerà Vladimir Putin al Cremlino a vita. A schede scrutinate per il 98%, alle riforme costituzionali volute dal presidente russo aveva già detto sì il 78% dei votanti. Perlomeno ufficialmente, perché le polemiche su presunte irregolarità non sono mancate nemmeno stavolta. Fatto sta che, fra i punti della riforma, il presidente aveva posto l’azzeramento dei mandati presidenziali, il che consentirà a Putin la possibilità di mantenere il potere addirittura fino al 2036. Un referendum che arrivava dopo che le modifiche chieste sulla Costituzione di Eltsin del 1993 erano state ratificate da Parlamento e organi regionali. In tal senso, il referendum popolare ha solo legittimato popolarmente una decisione praticamente già presa.
Il voto
Duecentosei emendamenti in totale, riguardanti su per giù dieci articoli della Costituzione. Su tanto è toccato esprimersi ai cittadini russi, chiamati di fatto a decidere se concedere all’attuale leader del Cremlino di restare al potere praticamente a vita. E con una Costituzione rinnovata per la prima volta in modo sostanziale dalla disgregazione dell’Urss. Tutto fatto in modo lineare, con tanto di consultazione referendaria voluta dal presidente (pur se non necessaria da un punto di vista legislativo) e un sistema di voto del tutto diverso dai precedenti. A causa dell’emergenza coronavirus, infatti, il referendum si è svolto nell’arco di sette giorni (andamento di affluenza del 55%) e in seggi elettorali in alcuni casi del tutto improvvisati. Vista la normativa che richiedeva di allestirli in luoghi aperti qualora mancassero le necessarie norme di sicurezza.
Opposizioni contro Putin
Quel che ne è venuto fuori, è stata una consultazione destinata a far discutere più per la forma che per la sostanza. L’opposizione, infatti, ha praticamente subito parlato di irregolarità nel voto, e nei primi sei giorni sono arrivate quasi 1600 segnalazioni. Fra queste, quasi 700 sono state verificate. A suonare l’allarme, in particolare, è il rivale di Putin, Alexei Navalny, secondo il quale il risultato elettorale “è una bugia”, mentre analisti quali l’agenzia Golos ha apertamente parlato di votazioni pilotate. Altri, invece, hanno criticato la scelta di Putin di allestire un referendum dall’esito scontato e quasi irrilevante ai fini dell’approvazione della riforma costituzionale. Di certo c’è solo la sostanza: una presidenza che a conti fatti sarà, con qualche debita proporzione, una sorta di ritorno allo zar.