Ru486, Meloni a Speranza: “Ritiri le linee guida”

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“Le nuove linee guida sulla somministrazione della Ru486 rappresentano l’ennesimo tentativo del Governo di forzare e modificare la legge tramite un atto amministrativo”. Così la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che interviene con toni critici sulle linee guida ministeriali sull’uso della pillola abortiva. Secondo l’ex ministro, “la 194 indica in maniera tassativa i luoghi dove è consentito praticare l’interruzione volontaria di gravidanza e tra questi non ci sono i consultori familiari. Ai consultori – specifica – la legge attribuisce un’altra funzione: assistere e aiutare la donna a rimuovere le cause che porterebbero all’interruzione volontaria di gravidanza, non di certo una struttura dove praticare l’Ivg”.

Meloni: “Donne abbandonate a se stesse”

Meloni aveva già definito la strategia del Ministero per la salute “un balzo indietro per le donne”. Questo perché, ha spiegato, “sancire attraverso delle linee guida ministeriali, un atto senza forza di legge, che l’aborto si può praticare anche nei consultori è contro la legge e palesemente incostituzionale”. Per questo “Fratelli d’Italia chiede al ministro Speranza di ritirare immediatamente queste vergognose linee guida: un provvedimento che banalizza l’aborto farmacologico in una pratica ‘fai da te’ e abbandona le donne a se stesse, esponendole ad enormi rischi per la loro salute”. E sull’esecutivo rincara: “Se il Governo e la sua maggioranza intendono cambiare la 194, abbiano il coraggio di proporlo apertamente e pubblicamente. Inaccettabile e contro la Costituzione il tentativo di farlo sottobanco e con indecenti blitz agostani”.

La posizione di Avvenire

In giornata, anche il quotidiano Avvenire aveva stigmatizzato le linee guida sulla Ru486, “il rischio del metodo chimico è psicologico e sanitario. È facile illudersi che l’aborto con la pillola sia assai più facile e meno doloroso: cosa vuoi che sia una pillola, si inghiotte e via, tutto finisce lì. Soprattutto, ci si illude di poter tranquillamente tornare a casa, e di non dover giustificare la propria assenza col datore di lavoro o in famiglia, mantenendo tutta la faccenda nel privato. Ma è proprio questo il problema: l’aborto scompare dalla scena sanitaria, e non avremo mai informazioni attendibili su quello che avviene tra le mura domestiche”.

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