Rosario Livatino è beato, il Papa: “Testimone del Vangelo fino alla morte”

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“Il suo lavoro lo poneva sempre sotto la tutela di Dio, per questo è diventato testimone del Vangelo fino alla morte eroica”. Sono parole granitiche quelle che Papa Francesco pronuncia al termine del Regina Coeli di questa domenica, quasi in contemporanea alla cerimonia solenne tenuta nella Cattedrale di Agrigento. Lì, dove la Sicilia intera si è fermata per omaggiare il giudice Rosario Livatino, beatificato trentuno anni dopo il suo brutale assassinio lungo la Strada degli Scrittori. I colpi di pistola di alcuni criminali della Stidda agrigentina interruppero le sue inchieste, non riuscendo però a nascondere un esempio di virtù cristiana, fatta di valori e giustizia.

Livatino, un giudice martire

Alla presenza delle sue reliquie, contenute in un contenitore d’argento, i fedeli accolgono il nuovo beato, ucciso a soli 37 anni ma con alle spalle una carriera in ambito giudiziario che lo aveva portato a indagare su episodio di tangenti e corruzione che vessavano la sua terra. Lo soprannominarono il “giudice ragazzino”, ma la verità è che fu un uomo, di principi saldi e tempra incrollabile. Tanto da mettere paura alla criminalità organizzata dell’Agrigentino, che arrivò a freddarlo fra le sterpaglie e le pietre roventi di fine settembre. Ferito, inseguito e freddato, in una scena che si offrì ai soccorritori in tutta la sua efferatezza. Quella camicia a quadri, macchiata di sangue, è oggi contenuta in quel reliquiario argenteo, corredato da due nomi: Codice penale e Vangelo.

Il cuore di un popolo

La basilica di Agrigento è ornata di palme, simbolo del sacrificio dei martiri. Perché Rosario Livatino lo è, un martire per la giustizia. E’ il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, a presiedere la cerimonia. Le volte della chiesa campeggiano su una navata semivuota, a causa delle norme anti-Covid. Ma il cuore della Sicilia intera aleggia fra quelle mura, risalenti al XII secolo ma ospiti di un nuovo beato scomparso solo nel 1990. Le città siciliane ricordano il loro giudice, esponendo lenzuola bianche alle finestre, accendendo la tv o seguendo la beatificazione in diretta streaming. La polvere di quella strada di campagna, dove Livatino perse la vita, scompare per lasciar posto a un cuore pulsante. Senza più paura di dover guardare da un’altra parte.

Damiano Mattana: