“Siamo preoccupati che questa decisione, anche se temporanea, possa aggravare l’angoscia di coloro che colpisce”. L’Alto commissario Onu per i rifugiati (Unhcr), Filippo Grandi, non nasconde l’inquietudine per il “bando bis” sull’immigrazione varato da Donald Trump che sarà operativo a partire dal 16 marzo.
Inquietudine
“L’imperativo resta quello di fornire una protezione alle persone in fuga dalla violenza letale” ha detto Grandi aggiungendo che l’Unhcr collabora da tempo con gli Stati Uniti per “la ricerca di soluzioni ai problemi dei rifugiati” e confida di “continuare questa collaborazione”. Alla luce dell’attuale ordine esecutivo statunitense sul reinsediamento dei rifugiati, spiega un nota pubblicata a Ginevra, l’Unhcr sottolinea che i rifugiati sono “persone comuni costrette a fuggire dalla guerra, dalla violenza e dalla persecuzione nei loro Paesi d’origine e che restano in urgente bisogno di assistenza e protezione”. L’organismo dell’Onu ribadisce quindi la propria disponibilità ad impegnarsi in modo costruttivo con l’amministrazione Usa per assicurare che tutti i programmi per i rifugiati soddisfano i più elevati standard di sicurezza.
Il provvedimento
Il nuovo provvedimento è una fotocopia di quello di fine gennaio, con una serie di aggiustamenti per superare le obiezioni delle corti che avevano bloccato il primo ordine esecutivo dopo giorni di caos e proteste. Le novità più rilevanti sono l’esclusione dell’Iraq dalla lista iniziale di sette Paesi a maggioranza musulmana dove l’emissione di nuovi visti sarà sospesa per 90 giorni (Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria, Yemen) e il fatto che gli arrivi dei rifugiati siriani saranno congelati non a tempo indeterminato, come deciso nel precedente ordine esecutivo, ma per 120 giorni, come tutti gli altri.
Meno rifugiati
Confermato però che il numero complessivo di rifugiati per il 2017 sarà ridotto a 50 mila, contro i 110 mila previsti da Obama. Non sarà colpito inoltre chi detiene già un visto, la carta verde, chi ha lo status di rifugiato o ha ottenuto asilo politico. Via anche i passaggi che davano priorità alle minoranza religiose, ad esempio ai cristiani a scapito del musulmani. Il differente trattamento dell’Iraq è stato motivato dalla lotta comune all’Isis e dall’impegno di Baghdad a controlli più ferrei, come ha spiegato il segretario di Stato Rex Tillerson, che aveva spinto per questa eccezione. Un “messaggio positivo” per le relazioni tra i due Paesi, che dimostra una “vera partnership“, ha commentato il portavoce del governo iracheno.
Low profile
Questa volta Trump ha evitato il carattere di urgenza e ha scelto il low profile per il nuovo bando, rinunciando a farsi immortalare mentre lo firmava e affidando la sua illustrazione ai tre ministri competenti: Rex Tillerson, l’attorney general Jeff Sessions e il segretario all’Homeland security John Kelly, nessuno dei quali ha risposto alle domande dei giornalisti. Immediate le reazioni.
Proteste
Un decreto “anti-americano“, l’ha bollato il leader dei democratici in Senato, Chuck Schumer. Sul piede di guerra anche i difensori dei diritti umani, in particolare quelli degli immigrati, secondo cui Trump non ha ancora spiegato perché le persone provenienti da questi Paesi pongono un rischio alla sicurezza nazionale.