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Recovery fund: un progetto ambizioso e adeguato per l’Europa

Habemus accordo. Dopo l’estenuante trattativa durata quattro giorni, al Consiglio europeo, uno probabilmente dei più importanti degli ultimi 10 anni, si è riusciti a raggiungere il tanto atteso compromesso.
Un accordo evidentemente al ribasso rispetto alla proposta precedente della Commissione europea, ma che comunque nella contrapposizione tra i Paesi frugali, guidati dal premier olandese Rutte, ed il resto d’Europa lo stesso premier Conte definisce “ambizioso ed adeguato”.

Nella pratica dell’accordo, questo lascia immutato il valore complessivo del Recovery Fund, sempre di 750 miliardi, ma ne modifica la composizione. Nella precedente proposta della Commissione europea, infatti, i contributi/trasferimenti ai vari Stati ammontavano a 500 miliardi, mentre la parte rimanete era costituita da prestiti.

Nell’accordo raggiunto nella notte durante il Consiglio europeo i contributi/trasferimenti scendono a 390 miliardi mentre i prestiti salgono a 360 miliardi.

Nello specifico, per l’Italia i fondi a disposizione potrebbero salire dai 173 miliardi di euro della proposta della Commissione EU a 209, dei quali 81,4 come trasferimenti diretti e 127 come prestiti (con una diminuzione, anche se leggera, della quota di trasferimenti).

Numeri parziali per il momento in quanto in queste ore si sta provvedendo ad effettuare stime e calcoli più accurati.

Questi soldi, tuttavia, non arriveranno ai vari Paesi senza condizioni, ma sono vincolati a “condizionalità progettuali”.

Infatti, tutti i Paesi dovranno presentare dei piani nazionali di riforma, che devono essere in linea con le priorità dell’Unione. Solamente a seguito dell’approvazione degli stessi da parte del Consiglio europeo a maggioranza qualificata si potrà avere accesso al Recovery Fund.

Fonte di discussione è stato, e lo è tutt’ora, quello che viene definito “super-freno di emergenza” che consente ad ogni ad un Paese di portare i suoi dubbi sui piani di riforma all’Ecofin, ed eventualmente anche al Consiglio europeo, chiaro sintomo di scarsa fiducia nei confronti di qualche Paese.

In conclusione, come si può definire l’accordo raggiunto questa notte? Si può definire come il più classico dei compromessi in cui nessuno si può definire veramente scontento e nessuno pienamente soddisfatto.

Certo la partita che si è giocata in questi giorni doveva dare risposte che fossero all’altezza della crisi economica più grave dell’ultimo secolo e, probabilmente, le contrapposizioni, quasi aprioristiche, che si sono venute a creare forse fanno pensare che, con un po’ di lungimiranza in più, si sarebbe potuto agire in maniera ancor più coraggiosa ed ambiziosa, facendo fare all’Unione Europea un passo importante verso una più sostanziale integrazione.

Tuttavia, le divisioni ci sono e con queste bisogna fare i conti. Nonostante tutto, però, un passo importante è stato fatto con la creazione di una prima forma di “debito” comune europeo, che potrebbe dare un impulso a future ulteriori forme di integrazione, anche se tutto passa pur sempre dalla volontà politica dei singoli Paesi di fare questi ulteriori passi.

Antonio Negro

Esperto in European Public Affairs, Associato Vision Think Tank

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