“Voglio ringraziare Papa Francesco, che è un esempio di come il mondo dovrebbe essere” ha dichiarato Obama. Dall’Avana gli fa eco Raul Castro: “Voglio ringraziare Papa Francesco per il miglioramento delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti”. In queste due dichiarazioni, datate dicembre 2014, c’è tutto il senso dell’azione diplomatica di Bergoglio e di quanto la sua sapiente diplomazia – fatta anche di lettere e sollecitazioni profonde – sia incisiva. Ecco perché la visita di oggi del leader cubano non deve sorprendere. Da anni il Papa proveniente dall’America Latina sta tessendo la tela del dialogo , e il fatto che l’incontro sarà strettamente privato non toglie nulla alla valenza mondiale dell’appuntamento.
Sarà dunque una visita “poco protocollare”, quella in Vaticano . Come tappa di un viaggio internazionale tra Algeria e Russia, infatti, il leader cubano ha chiesto e ottenuto di poter incontrare Francesco. Il Papa, che solitamente la domenica mattina non ha udienze, vedrà Castro nel suo studio nell’Aula Paolo VI per un colloquio. Non sarà una incontro ufficiale e non ci sarà il consueto faccia a faccia tra un Capo di Stato e il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin.
“Certamente il ruolo del Papa Francesco è stato determinante – ha detto proprio il cardinal Parolin a Radio Vaticana commentando lo storico disgelo tra Usa e Cuba – proprio perché lui ha preso anche questa iniziativa di scrivere ai due Presidenti per invitarli, appunto, a superare le difficoltà esistenti fra i due Paesi e trovare un punto di accordo, un punto di incontro. Certamente questo è dovuto anche al fatto che viene da quella regione e quindi conosce effettivamente la problematica ed ha trovato anche la maniera giusta – diciamo – per favorire un po’ il superamento della distanza e il riavvicinamento tra le due parti”.
Un riavvicinamento graduale: prima stop alle sanzioni, poi riapertura dei corridoi aerei, poi i collegamenti via mare; e ancora il rilascio dei prigionieri politici e i rinnovati scambi commerciali. “Il Papa lo ha detto tante volte e a me piace sempre ripeterlo: quando ci sono problemi, allora lì si deve applicare il metodo del dialogo e più ci sono problemi e più ci sono difficoltà, più ci deve essere il dialogo – ha detto ancora il card. Parolin nell’intervista alla Radio Vaticana -. E questo dialogo se è sincero ha sempre come finalità, come obiettivo, quello di fare incontrare le persone, anche nelle rispettive differenze e farle collaborare. Quindi mi pare che questa sia proprio un’esemplificazione molto, molto significativa di questa ‘cultura dell’incontro’, cui il Papa continuamente invita le persone, i gruppi e i Paesi del mondo di oggi”.
Il capo di Stato, fratello dello storico leader della rivoluzione, ha dunque pubblicamente ringraziato il Papa per la mediazione. E l’invito a visitare Cuba rivolto a Francesco non è caduto nel vuoto. Una prima nota vaticana, il 17 aprile aveva assicurato che il Papa aveva “preso in considerazione l’idea di compiere una tappa a Cuba in occasione del suo prossimo viaggio negli Stati Uniti. Tuttavia – proseguiva – i contatti con le Autorità del Paese sono ancora ad uno stadio troppo iniziale perché oggi si possa parlare di questa tappa come di una decisione presa e di un progetto operativo”. Ma sono passati appena 5 giorni per la conferma: la tappa cubana del viaggio in America avverrà a ridosso dell’arrivo negli Stati Uniti previsto il 20 settembre. Francesco sarà il terzo pontefice ad atterrare all’Avana: prima di lui, erano arrivati Giovanni Paolo II nel 1998 e Benedetto XVI nel 2012.
Anche la visita di Raul Castro in Vaticano ha un precedente: il presidente cubano è già stato in visita a Roma alla fine del 1997, quando ricopriva la carica di ministro della Difesa. In quell’occasione giunse a sopresa nella Capitale il 4 dicembre, proveniente da Pechino e il Vaticano riferì che aveva chiesto di visitare in forma privata alcuni dei luoghi più celebri presenti nello Stato pontificio. Prima di Raul, il fratello Fidel, in occasione di un vertice sull’alimentazione alla Fao del 1996, incontrò in Vaticano Giovanni Paolo II.