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Perso un artigiano su cinque

In undici anni, tra il 2012 e il 2023, sono scesi da 1,8 milioni a 1,4 e le aziende artigiane dalle 1,5 milioni del 2008 sono diventate 1,2, secondo Cgia di Mestre

Continua a scendere in Italia il numero complessivo degli artigiani, intesi come titolari, soci o collaboratori familiari che svolgono un’attivitĆ  lavorativa prevalentemente manuale, ma anche di aziende. La contrazione piĆ¹ consistente a Vercelli, la piĆ¹ contenuti a Bolzano, mentre a livello regionale le maggiori perdite si registrano in Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte. Il panorama emerge da un’elaborazione effettuata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia) su dati dell’Inps e di Infocamere/Movimprese.

I numeri

In questi undici anni abbiamo assistito a una caduta verticale che si ĆØ interrotta solo nell’anno post Covid (+2.325 tra il 2021 e il 2020). Se nel 2012 erano poco meno di 1.867.000 unitĆ , nel 2023 la platea complessiva ĆØ crollata di quasi 410mila soggetti (-73mila solo nell’ultimo anno) e ora il numero totale sfiora quota 1.457.000, pari al -22%.Ā  Se questa tendenza non sarĆ  invertita stabilmente, non ĆØ da escludere che entro una decina d’anni sarĆ  molto difficile trovare un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista per la casa. Ma anche il numero delle aziende artigiane attive ĆØ in forte diminuzione. Se nel 2008, anno in cui si ĆØ toccato il picco massimo di questo inizio di secolo, in Italia le imprese artigiane erano 1.486.559, sono scese costantemente e nel 2023 si sono fermate a quota 1.258.079.

Il fenomeno

La riduzione in parte ĆØ anche riconducibile al processo di aggregazione/acquisizione che ha interessato alcuni settori dopo le grandi crisi 2008/2009, 2012/2013 e 2020/2021. La platea degli artigiani si ĆØ dunque ristretta ma ha contribuito positivamente ad aumentare la dimensione media delle imprese, in particolare del trasporto merci, del metalmeccanico, degli installatori impianti e della moda.

Sul territorio

Tra il 2012 e il 2023 ĆØ stata Vercelli la provincia ad aver registrato la variazione negativa piĆ¹ elevata d’Italia, con il -32,7%. Seguono Rovigo con -31%, Lucca con -30,8% e Teramo con -30,6%. Flessioni piĆ¹ contenute a Napoli con -8,1%, Trieste con -7,9% e Bolzano con -6,1%. In termini assoluti, le province che hanno registrato le decurtazioni maggiori sono state Torino con -21.873, Milano con -21.383, Roma con -14.140, Brescia con -10.545, Verona con -10.267 e Bergamo con -10.237. Per quanto riguarda le regioni, infine, le flessioni piĆ¹ marcate in termini percentuali hanno interessato l’Abruzzo con il –29,2%, le Marche con -26,3% e Piemonte con -25,8%. In valore assoluto, le perdite di piĆ¹ significative hanno interessato la Lombardia con -60.412 unitĆ , l’Emilia-Romagna con -46.696 e il Piemonte con -46.139.

Fonte Ansa

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