Alla vigilia dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico (Pd), in programma a Roma domenica 19 febbraio, fonti della minoranza Dem riferiscono di una lunga telefonata avvenuta tra Matteo Renzi e Michele Emiliano. Colloquio che avrebbe aperto un canale di dialogo tra i due per evitare ulteriori spaccature all’interno del Partito.
Emiliano: “Primarie ad ottobre”
Emiliano avrebbe ribadito al Segretario la richiesta di non fissare il Congresso subito, ma di attendere le amministrative di giugno, per chiuderlo a fine settembre o ottobre. Inoltre, lo avrebbe anche rassicurato del fatto che se il Pd dovesse perdere le comunali, la minoranza non addosserebbe a lui la colpa. In tal modo il Partito arriverebbe “con spirito unitario alla sfida per la leadership di ottobre”. infine, Emiliano avrebbe spiegato all’ex Premier che l’idea di spostare il congresso nasce dalla preoccupazione per la corsa al voto ad aprile.
Renzi: “Non vogliamo la scissione”
Come spiegano le stesse fonti, Matteo Renzi avrebbe risposto di non aver “voglia di correre al voto” e che comunque “la finestra di giugno è saltata“. Per il Segretario del Pd, “Gentiloni può andare avanti fino al 2018”. Quanto alla possibilità di un rinvio del congresso all’autunno, il Segretario del Partito, ma fonti della maggioranza non confermano, non avrebbe chiuso la porta a una riflessione. Sulla questione interviene anche Dario Nardella, sindaco di Firenze, che dopo l’incontro con l’ex Premier afferma: “La scissione? Ancora non si può dire che sia evitata del tutto: mi pare però che in queste ultime ore si stiano intensificando gli sforzi per evitarla“.
L’appello di Renzi
Salvare il Pd è ancora possibile, “faccio un appello ai dirigenti: bloccate le macchine della divisione. Non andatevene, venite. Partecipate. Le porte sono aperte, nessuno caccia nessuno, torniamo a parlare di Italia”. Così Matteo Renzi, in un’intervista del Corriere della Sera, sottolinea che non accetterà “ricatti”, che il congresso va comunque fatto, come chiesto dalla minoranza, e che sui tempi “c’è lo statuto“.
“Io voglio evitare qualsiasi scissione“, afferma l’ex presidente del Consiglio. “Se la minoranza mi dice: o congresso o scissione, io dico congresso. Ma se dopo che ho detto congresso loro dicono ‘comunque scissione’, il dubbio è che si voglia comunque rompere. Che tutto sia un pretesto. Toglieremo tutti i pretesti, tutti gli alibi. Vogliono una fase programmatica durante il congresso? Bene. Ci stiamo”.
“Il Pd non è il mio partito personale”
“In America c’è Trump, l’Europa rischia di sgretolarsi se vince la Le Pen, i grillini sono alti nei sondaggi nonostante gli imbarazzanti risultati di Roma, Berlusconi e Salvini sono pronti a riprendersi la scena. Domando: chi ci va dai militanti della Festa dell’Unità a spiegare perché si deve rompere il Pd?”. Sui tempi del congresso, Renzi sottolinea che non è lui a decidere: “C’è uno statuto. Ci sono delle regole”. Il Partito, rimarca, “non è un partito personale, ma essere un partito democratico significa accettare anche il dibattito. Il confronto. La democrazia interna. La minoranza deve sentirsi a casa. Ma sentirsi a casa non significa che o si fa come dicono loro o se ne vanno”.
Quanto al voto, dice, “non sarò io a decidere la data, non sono più il presidente del Consiglio, deciderà il Presidente della Repubblica, sulla base della situazione politica”. E Gentiloni “merita il nostro sostegno sempre, non ‘provvedimento per provvedimento’ come sosteneva qualcuno fino a qualche giorno fa”. Sulla questione del padre indagato per traffico di influenze nell’inchiesta Consip, Renzi risponde esprimendo “fiducia totale nella magistratura. Guai a chi fa polemica, gli inquirenti hanno il dovere di verificare tutto”.