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Paura a Parigi: “soldato dell’Isis” aggredisce agenti a Notre-Dame

Momenti di paura a Notre-Dame, nel cuore di Parig dove, fra migliaia di fedeli e turisti, l’algerino Farid Ikken si è avventato con martello e coltelli contro tre poliziotti gridando “Questo è per la Siria!”. Uno l’ha ferito di striscio al collo, un altro ha reagito, gli ha sparato colpendolo alle gambe. Tanta la paura, per due ore oltre mille persone sono rimaste confinate nella cattedrale, tutta la zona dell’Ile-Saint-Louis è stata transennata.

Soldato dell’Isis

“Sono un soldato del Califfato”, ha rivendicato. Nella sua casa, il video di un giuramento di fedeltà all’Isis. Per il primo attentato terroristico dell’era Macron, si è ripetuto lo schema dell’assalto isolato agli uomini in divisa. Stavolta, però, la sorpresa è arrivata qualche ora dopo: l’aspirante kamikaze non era un giovane radicalizzato di banlieue, ma un laureato e dottorando, da tre anni iscritto all’università di Metz, ricercatore in giornalismo. Stava scrivendo una tesi sui media e il Nord Africa.

Il terrorista laureato

Prima il sospetto di un’omonimia, la corrispondenza del nome di Farid con quello di un ricercatore autore di tesi e pubblicazioni sui media, le primavere arabe, la colonizzazione e il Maghreb. Poi la conferma, arrivata dal presidente dell’Università di Metz, Pierre Mutzenhardt: “Siamo tutti stupiti, non aveva mai dato segni di radicalizzazione. Il primo a non crederci è il relatore della sua tesi“, un docente che si era trasferito a Parigi e che aveva spinto Ikken a seguirlo, pur rimanendo iscritto a Metz.

Ikken parlava correntemente diverse lingue, lavorava come traduttore ed era sposato con una svedese. Poco dopo le 16, in una giornata in cui Parigi è stata investita da diversi violenti temporali, mentre Notre-Dame era – come ogni giorno – un formicolio di turisti, fedeli e passanti, l’individuo, che risiede temporaneamente in banlieue di Parigi e non ha segnalazioni né ai servizi né alla polizia, passa all’azione. In mano brandisce un martello, nelle tasche ha due coltelli da cucina, come preciserà più tardi Gerard Collomb, ministro dell’Interno alla sua prima uscita per motivi terroristici. Attacca una pattuglia che sorveglia – come molti altri poliziotti previsti dal piano “Sentinelle” dello stato d’emergenza – la spianata di Notre-Dame.

Aggressione

Il primo che gli capita davanti è un giovane agente di 22 anni, in stage, da pochi mesi a Parigi. Lo ferisce al collo. Un collega più esperto impugna l’arma di servizio e – con freddezza elogiata da tutte le autorità – lo ferisce alle gambe e lo immobilizza successivamente al suolo.

Panico

Due spari – dopo i fatti di sabato a Londra – fanno temere il peggio e la gente, nel panico, si rifugia nel luogo che immagina d’istinto il più sicuro, fra i banchi della chiesa, non ancora barricata. Entrano in più di mille, alcuni si siedono, altri restano in piedi, qualcuno si aggira nei meandri storici di Notre-Dame per capire cosa sta succedendo. L’intervento delle forze speciali è immediato: l’uomo viene immobilizzato, la piazza svuotata, l’intero quartiere transennato, dal pont Saint-Louis al quai dove sorge la Prefettura e dove qualche mese fa scattò l’allarme per l’auto abbandonata con le bombole di gas all’interno.

L’agente, pochi i danni, una ferita di striscio al collo, viene portato via subito, più tardi arriva l’ambulanza per l’attentatore. Per due ore restano bloccate all’interno della cattedrale centinaia di persone, mani sulla testa, in attesa delle perquisizioni e degli accertamenti della polizia, che li farà uscire alla spicciolata ad allarme cessato, quando sarà esclusa l’ipotesi della presenza di un complice all’esterno o all’interno della cattedrale.

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