Il Papa a Santa Marta prega per le famiglie chiuse in casa dall’emergenza coronavirus. “Oggi – esordisce il Pontefice in diretta streaming – vorrei ricordare le famiglie che non possono uscire di casa. Forse l’unico orizzonte che hanno è il balcone. E lì dentro, la famiglia, con i bambini, i ragazzi, i genitori: perché sappiano trovare il modo di comunicare bene, di costruire rapporti di amore nella famiglia, e sappiano vincere le angosce di questo tempo insieme, in famiglia. Chiediamo la pace delle famiglie oggi, in questa crisi, e per la creatività”.
L’omelia
“Nel Vangelo Gesù ci insegna come pregare, come avvicinarci, come dobbiamo avvicinarci al Signore: con umiltà”, dice Bergoglio commentano le sacre scritture. “C’è una bella immagine nell’inno liturgico della festa di San Giovanni Battista”, ha ricordato Francesco: “Dice che il popolo si avvicinava al Giordano per ricevere il battesimo, ‘nuda l’anima e i piedi’: pregare con l’anima nuda, senza trucco, senza travestirsi delle proprie virtù. Lui perdona tutti i peccati ma ha bisogno che io gli faccia vedere i peccati, con la mia nudità. Pregare così, nudi, con il cuore nudo, senza coprire, senza avere fiducia neppure in quello che ho imparato sul modo di pregare… Pregare, tu e io, faccia a faccia, l’anima nuda. Questo è quello che il Signore ci insegna”. Invece, ha spiegato il Papa, “quando andiamo dal Signore un po’ troppo sicuri di noi stessi, cadremo nella presunzione. Questa non è la strada. La strada è abbassarsi. L’abbassamento. La strada è la realtà. E l’unico uomo qui, in questa parabola, che aveva capito la realtà, era il pubblicano: ‘Tu sei Dio e io sono peccatore’. Questa è la realtà. Ma dico che sono peccatore, non con la bocca: col cuore. Sentirsi peccatore”. “Non dimentichiamo questo che il Signore ci insegna”, prosegue Francesco: “giustificare sé stessi è superbia, è orgoglio, è esaltare sé stessi. È travestirsi da quello che non sono. E le miserie rimangono dentro. Il fariseo giustificava sé stesso. Confessare direttamente i propri peccati, senza giustificarli, senza dire: ‘Ma, no, ho fatto questo ma non era colpa mia…’. L’anima nuda. Il Signore ci insegni a capire questo, questo atteggiamento per incominciare la preghiera. Quando la preghiera la incominciamo con le nostre giustificazioni, con le nostre sicurezze, non sarà preghiera: sarà parlare con lo specchio. Invece, quando incominciamo la preghiera con la vera realtà – ‘sono peccatore, sono peccatrice’ – è un buon passo avanti per lasciarsi guardare dal Signore”. “Gesù mio – ha concluso il Papa – credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e Ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. E come già venuto, Ti abbraccio e tutto mi unisco a Te. Non permettere che abbia mai a separarmi da Te”.