āContinuiamo a pregare insieme, in questo momento di pandemia, per gli ammalati, per i familiari, per i genitori con i bambini a casaā¦ ma soprattutto io vorrei chiedervi di pregare per le autoritĆ : loro devono decidere e tante volte decidere su misure che non piacciono al popolo. Ma ĆØ per il nostro bene. E tante volte, lāautoritĆ si sente sola, non capita. Preghiamo per i nostri governanti che devono prendere la decisione su queste misure: che si sentano accompagnati dalla preghiera del popoloā. CosƬ il Papa ha introdotto la sua quarta messa mattutina da Santa Marta in diretta streaming.
Indifferenza del cuore
Commentando il vangelo di oggi, che narra del povero Lazzaro e del ricco Epulone, Francesco si ĆØ soffermato sul dramma di questāultimo: āHo pensato a quale fosse il dramma di questāuomo: il dramma di essere molto, molto informato, ma con il cuore chiuso. Le informazioni di questāuomo ricco non arrivavano al cuore, non sapeva commuoversi, non si poteva commuovere di fronte al dramma degli altri. Neppure chiamare uno dei ragazzi che servivano a mensa e dire āma, portagli questo, quellāaltroā¦āā. āIl dramma dellāinformazione che non scende al cuore. Anche questo succede a noiā, ha attualizzato il Papa ripreso da Sir: āTutti noi sappiamo, perchĆ© lo abbiamo sentito al telegiornale o lo abbiamo visto sui giornali, quanti bambini patiscono la fame oggi nel mondo; quanti bambini non hanno le medicine necessarie; quanti bambini non possono andare a scuola. Continenti, con questo dramma: lo sappiamo. Eh, poverettiā¦ e continuiamo. Questa informazione non scende al cuore, e tanti di noi, tanti gruppi di uomini e donne vivono in questo distacco tra quello che pensano, quello che sanno e quello che sentono: ĆØ staccato il cuore dalla mente. Sono indifferenti. Come il ricco era indifferente al dolore di Lazzaro. CāĆØ lāabisso dellāindifferenzaā.
Poveri e migranti
āA Lampedusa, quando sono andato la prima volta, mi ĆØ venuta questa parola: la globalizzazione dellāindifferenzaā, ha ricordato Francesco: āForse noi oggi, qui, a Roma, siamo preoccupati perchĆ© āsembra che i negozi siano chiusi, io devo andare a comprare quello, e sembra che non posso fare la passeggiata tutti i giorni, e sembra questoā¦ā: preoccupati per le mie cose. E dimentichiamo i bambini affamati, dimentichiamo quella povera gente che ai confini dei Paesi, cercando la libertĆ , questi migranti forzati che fuggono dalla fame e dalla guerra e soltanto trovano un muro, un muro fatto di ferro, un muro di filo spinato, ma un muro che non li lascia passare. Sappiamo che esiste questo, ma al cuore non vaā¦ Noi viviamo nellāindifferenza: lāindifferenza ĆØ questo dramma di essere bene informato ma non sentire la realtĆ altrui. Questo ĆØ lāabisso: lāabisso dellāindifferenzaā. Altra cosa che colpisce nella parabola: il fatto che non sappiamo il nome del ricco. āIl Vangelo non ci dice come si chiamava questo signoreā, ha fatto notare il Papa: āNon aveva nome. Aveva perso il nome: soltanto, aveva gli aggettivi della sua vita. Ricco, potenteā¦ tanti aggettivi. Questo ĆØ quello che fa lāegoismo in noi: fa perdere la nostra identitĆ reale, il nostro nome, e soltanto ci porta a valutare gli aggettivi. La mondanitĆ ci aiuta, in questo. Siamo caduti nella cultura degli aggettivi dove il tuo valore ĆØ quello che tu hai, quello che tu puoiā¦ Ma non ācome ti chiami?ā: hai perso il nome. Lāindifferenza porta a questo. Perdere il nome. Soltanto siamo i ricchi, siamo questo, siamo lāaltro. Siamo gli aggettiviā. āChiediamo oggi al Signore la grazia di non cadere nellāindifferenza, la grazia che tutte le informazioni dei dolori umani che abbiamo, scendano al cuore e ci muovano a fare qualcosa per gli altriā, ha concluso Francesco.