La 49esima edizione della Settimana Sociale dei cattolici italiani si è aperta oggi a Taranto con i messaggi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di Papa Francesco, che ne ha inviato anche uno in video.
Mons. Santoro: “Dobbiamo avere coraggio”
In apertura della serie di interventi, l’arcivescovo di Taranto monsignor Filippo Santoro ha detto che “papa Francesco ci ha chiaramente indicato la strada illustrandoci con l’enciclica Laudato Si’ il concetto di “ecologia integrale” che è un invito a una visione globale della vita. Sentiamo molto parlare di ‘transizione ecologica’, abbiamo un ministero dedicato, ma io vi parlo da un territorio emblematico dei guasti italiani che conosce bene le promesse mancate, la disillusione”. Santoro ha aggiunto che “la scelta della vita o della morte del nostro Pianeta e quindi di ciascuno di noi. Dobbiamo avere il coraggio, anche di vincere il nostro impacciato imbarazzo nel ripartire dai volti delle persone morte e ferite per causa dell’inquinamento ambientale, dal volto ferito di tutta la Casa comune, e dalle vittime del lavoro. Dobbiamo ricominciare dai giovani che sono stati determinanti nella preparazione di questa settimana e che lo saranno nella sua realizzazione come elemento essenziale quando parliamo di presente, di futuro e di sostenibilità“.
Bassetti (Cei): “Un’esistenza ‘interdipendente'”
“Sono profondamento amareggiato e deluso per i troppi incidenti che avvengono nell’ambito del lavoro…per non dire dei feriti”, ha affermato in presidente della Conferenza episcopale italiana cardinal Gualtiero Bassetti nel corso del suo intervento. L’ecologia integrale, ha proseguito “non è soltanto un richiamo alla difesa dell’ambiente in cui siamo immersi, ma è soprattutto un’esortazione a vivere un’esistenza ‘interdipendente‘. Gli esseri umani, infatti, non sono delle monadi individuali che vivono per sé stesse ma sono intrinsecamente degli esseri-in-relazione: in relazione con il Creatore e in relazione con il Creato”.
Sbarra: “Per ogni euro investito in nuove tecnologie, uno da investire nel lavoro”
“Sono fiducioso perché vedo una forte consapevolezza maturata in questi anni in questa città. Penso che dovremmo sostenere un vero patto che metta insieme lavoro, società civile, la città di Taranto, rispetto ai temi della sostenibilità ambientale”, così il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra intervenendo alla Settimana sociale dei cattolici italiani nella sessione dedicata alle testimonianze sulla situazione di Taranto. “Per ogni euro investito su nuove tecnologie debba corrispondere un euro da investire su lavoro, capitale umano, formazione“, ha proseguito. “Abbiamo non solo il Pnrr, c’è il grande finanziamento del Green deal, abbiamo risorse da impegnare e investire sul tema della sostenibilità ambientale, della transizione ecologica anche a Taranto per arrivare a produrre acciaio pulito, come avviene in Europa. Possiamo farlo anche in Italia”.
Mattarella: “La solidarietà è la chiave”
Il capo dello Stato ha inviato un messaggio. “La pandemia è stata – ed è tuttora – una prova molto dura. Ha evidenziato i nostri limiti e le contraddizioni del modello di società che abbiamo costruito. Al tempo stesso ha messo in luce il senso profondo di una comunità di destino come la nostra, restituendo valore alle cose che hanno valore. L’egocentrismo è uscito sconfitto da una vicenda in cui la solidarietà si è affermata come chiave per affrontare e risolvere i problemi, per sostenere lo sviluppo pieno della personalità umana, a partire dalla difesa della vita”. “Non è più accettabile immaginare una crescita legata alla distribuzione di beni, al consumo delle risorse naturali, allo sfruttamento di componenti della società umana”, ha proseguito Mattarella. “Lo sviluppo deve comprendere un contrasto effettivo a ogni forma di povertà, una riconciliazione con l’ambiente, una innovazione orientata al benessere umano e al rafforzamento del capitale sociale. Occorre investire sulle persone. La prospettiva di un umanesimo rinnovato che riguarda il pianeta intero – al centro del magistero di Papa Francesco – è parte essenziale di quei diritti di cittadinanza indispensabili per la vita stessa della democrazia”.
“I temi e gli obiettivi al centro della riflessione della 49ª Settimana sociale dei cattolici italiani rappresentano un contributo importante alla ripartenza del Paese, alla progettazione di un nuovo modello sociale, dopo le sofferenze della pandemia”, ha concluso il presidente della Repubblica. “Il confronto che si svolgerà a Taranto sarà tanto più ricco in quanto può avvalersi di esperienze concrete a livello di base, analisi condivise sugli squilibri attuali e sulle potenzialità presenti nella nostra comunità. Il contributo offerto sarà tanto più significativo ispirato come è al valore della solidarietà, profondamente inciso nel testo della nostra Carta costituzionale”.
Il videomessaggio
“Cari fratelli e sorelle, saluto cordialmente tutti voi che partecipate alla 49a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si apre oggi a Taranto. In queste giornate rifletterete su un tema molto importante che riguarda il futuro nostro e delle generazioni future: “Il Pianeta che speriamo”. Questo Pianeta che speriamo esige soprattutto una conversione che apra alla speranza. Il Pianeta che speriamo chiede, al tempo stesso, audacia e voglia di riscatto. Il Pianeta che speriamo grida già sin d’ora stili di vita rinnovati, in cui ambiente, lavoro e futuro non siano in contrapposizione tra loro, ma in piena armonia. Non bisogna mai dimenticare che tutto è connesso. Un pensiero particolare e un incoraggiamento vorrei rivolgere ai giovani, che so essere ben rappresentati a questo evento: insegnateci a custodire il creato! Siete il presente, siete l’oggi del Pianeta, non sentitevi mai ai margini dei progetti o delle riflessioni. I vostri sogni devono essere i sogni di tutti, e sull’ambiente avete tanto da insegnare. Permettetemi una carezza a tutte le mamme e a tutti i papà
di Taranto che hanno pianto o piangono per la morte e la sofferenza dei propri figli. Vi abbraccio e vi assicuro la mia preghiera. E pregate per me, io lo farò per voi. Che il Signore vi benedica!”
Il messaggio del Santo Padre
“Cari fratelli e sorelle, saluto cordialmente tutti voi che partecipate alla 49a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, convocata a Taranto. Rivolgo il mio saluto fraterno al Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, all’Arcivescovo Filippo Santoro e ai Vescovi presenti, ai membri del Comitato Scientifico e Organizzatore, ai delegati delle diocesi italiane, ai rappresentanti dei movimenti e delle associazioni, a tutti gli invitati e a quanti seguono l’evento a distanza. Questo appuntamento ha un sapore speciale. Si avverte il bisogno di incontrarsi e di vedersi in volto, di sorridere e di progettare, di pregare e sognare insieme. Ciò è tanto più necessario nel contesto della crisi generata dal Covid, crisi insieme sanitaria e sociale. Per uscirne è richiesto un di più di coraggio anche ai cattolici italiani. Non possiamo rassegnarci e stare alla finestra a guardare, non possiamo restare indifferenti o apatici senza assumerci la responsabilità verso gli altri e verso la società. Siamo chiamati a essere lievito che fa fermentare la pasta (cfr Mt 13,33). La pandemia ha scoperchiato l’illusione del nostro tempo di poterci pensare onnipotenti, calpestando i territori che abitiamo e l’ambiente in cui viviamo. Per rialzarci dobbiamo convertirci a Dio e imparare il buon uso dei suoi doni, primo fra tutti il creato. Non manchi il coraggio della conversione ecologica, ma non manchi soprattutto l’ardore della conversione comunitaria. Per questo, auspico che la Settimana Sociale rappresenti un’esperienza sinodale, una condivisione piena di vocazioni e talenti che lo Spirito ha suscitato in Italia. Perché ciò accada, occorre anche ascoltare le sofferenze dei poveri, degli ultimi, dei disperati, delle famiglie stanche di vivere in luoghi inquinati, sfruttati, bruciati, devastati dalla corruzione e dal degrado. Abbiamo bisogno di speranza. È significativo il titolo scelto per questa Settimana Sociale a Taranto, città simbolo delle speranze e delle contraddizioni del nostro tempo: «Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. Tutto è connesso». C’è un desiderio di vita, una sete di giustizia, un anelito di pienezza che sgorga dalle comunità colpite dalla pandemia. Ascoltiamolo. È in questo senso che vorrei offrirvi alcune riflessioni che possano aiutarvi a camminare con audacia sulla strada della speranza, che possiamo immaginare contrassegnata da tre “cartelli”. Il primo è l’attenzione agli attraversamenti. Troppe persone incrociano le nostre esistenze mentre si trovano nella disperazione: giovani costretti a lasciare i loro Paesi di origine per emigrare altrove, disoccupati o sfruttati in un infinito precariato; donne che hanno perso il lavoro in periodo di pandemia o sono costrette a scegliere tra maternità e professione; lavoratori lasciati a casa senza opportunità; poveri e migranti non accolti e non integrati; anziani abbandonati alla loro solitudine; famiglie vittime dell’usura, del gioco d’azzardo e della corruzione; imprenditori in difficoltà e soggetti ai soprusi delle mafie; comunità distrutte dai roghi… Ma vi sono anche tante persone ammalate, adulti e bambini, operai costretti a lavori usuranti o immorali, spesso in condizioni di sicurezza precarie. Sono volti e storie che ci interpellano: non possiamo rimanere nell’indifferenza. Questi nostri fratelli e sorelle sono crocifissi che attendono la risurrezione. La fantasia dello Spirito ci aiuti a non lasciare nulla di intentato perché le loro legittime speranze si realizzino. Un secondo cartello segnala il divieto di sosta. Quando assistiamo a diocesi, parrocchie, comunità, associazioni, movimenti, gruppi ecclesiali stanchi e sfiduciati, talvolta rassegnati di fronte a situazioni complesse, vediamo un Vangelo che tende ad affievolirsi. Al contrario, l’amore di Dio non è mai statico e rinunciatario, «tutto crede, tutto spera» (1 Cor 13,7): ci sospinge e ci vieta di fermarci. Ci mette in moto come credenti e discepoli di Gesù in cammino per le strade del mondo, sull’esempio di Colui che è la via (cfr Gv 14,6) e ha percorso le nostre strade. Non sostiamo dunque nelle sacrestie, non formiamo gruppi elitari che si isolano e si chiudono. La speranza è sempre in cammino e passa anche attraverso comunità cristiane figlie della risurrezione che escono, annunciano, condividono, sopportano e lottano per costruire il Regno di Dio. Quanto sarebbe bello che nei territori maggiormente segnati dall’inquinamento e dal degrado i cristiani non si limitino a denunciare, ma assumano la responsabilità di creare reti di riscatto. Come scrivevo nell’Enciclica Laudato si’, «non
basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore non può considerarsi progresso» (n. 194). Talvolta prevalgono la paura e il silenzio, che finiscono per favorire l’agire dei lupi del malaffare e dell’interesse individuale. Non abbiamo paura di denunciare e contrastare l’illegalità, ma non abbiamo timore soprattutto di seminare il bene! Un terzo cartello stradale è l’obbligo di svolta. Lo invocano il grido dei poveri e quello della Terra. «La speranza ci invita a riconoscere che possiamo sempre cambiare rotta, che possiamo sempre fare qualcosa per risolvere i problemi» (n. 61). Il Vescovo Tonino Bello, profeta in terra di Puglia, amava ripetere: «Non possiamo limitarci a sperare. Dobbiamo organizzare la speranza!». Ci attende una profonda conversione che tocchi, prima ancora dell’ecologia ambientale, quella umana, l’ecologia del cuore. La svolta verrà solo se sapremo formare le coscienze a non cercare soluzioni facili a tutela di chi è già garantito, ma a proporre processi di cambiamento duraturi, a beneficio delle giovani generazioni. Tale conversione, volta a un’ecologia sociale, può alimentare questo tempo che
è stato definito “di transizione ecologica”, dove le scelte da compiere non possono essere solo frutto di nuove scoperte tecnologiche, ma anche di rinnovati modelli sociali. Il cambiamento d’epoca che stiamo attraversando esige un obbligo di svolta. Guardiamo, in questo senso, a tanti segni di speranza, a molte persone che desidero ringraziare perché, spesso nel nascondimento operoso, si stanno impegnando a promuovere un modello economico diverso, più equo e attento alle persone. Ecco, dunque, il pianeta che speriamo: quello dove la cultura del dialogo e della pace fecondino un giorno nuovo, dove il lavoro conferisca dignità alla persona e custodisca il creato, dove mondi culturalmente distanti convergano, animati dalla comune preoccupazione per il bene comune. Cari
fratelli e sorelle, accompagno i vostri lavori con la preghiera e con l’incoraggiamento”.