Papa Francesco ha ricevuto in udienza, nell’aula del Sinodo, i partecipanti al convegno Internazionale per i Presidenti e i Referenti delle Commissioni Episcopali per i Laici, promosso dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita sul tema “Pastori e fedeli laici chiamati a camminare insieme”. Riportiamo in forma integrale il discorso pronunciato dal Santo Padre.Ā
Il testo integrale del discorso di Papa Francesco
“Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti! Ringrazio il Card. Farrell e saluto tutti voi, responsabili delle Commissioni episcopali per il laicato, con i dirigenti di associazioni e movimenti ecclesiali, gli officiali del Dicastero e tutti i presenti. Siete venuti dai vostri Paesi per riflettere sulla corresponsabilitĆ dei pastori e dei fedeli laici nella Chiesa. Il titolo del Convegno parla di una āchiamataā a ācamminare insiemeā, collocando il tema nel contesto piĆ¹ grande della sinodalitĆ . In effetti, la strada che Dio sta indicando alla Chiesa ĆØ proprio quello di vivere piĆ¹ intensamente e piĆ¹ concretamente la comunione e il camminare insieme. La invita a superare i modi di agire in autonomia, i binari paralleli che non si incontrano mai: il clero separato dai laici, i consacrati separati dal clero e dai fedeli, la fede intellettuale di alcune Ć©lites separata dalla fede popolare, la Curia romana separata dalle Chiese particolari, i vescovi separati dai sacerdoti, i giovani separati dagli anziani, i coniugi e le famiglie poco coinvolti nella vita delle comunitĆ , i movimenti carismatici separati dalle parrocchie, e cosƬ via. CāĆØ ancora tanta strada da fare perchĆ© la Chiesa viva come un corpo, come vero Popolo, unito dallāunica fede in Cristo Salvatore, animato dallo stesso Spirito santificatore e orientato alla stessa missione di annunciare lāamore misericordioso di Dio Padre.
Questāultimo aspetto ĆØ decisivo: un Popolo unito nella missione. La sinodalitĆ trova la sua sorgente e il suo scopo ultimo nella missione: nasce dalla missione ed ĆØ orientata alla missione. Condividere la missione, infatti, avvicina pastori e laici, crea comunione di intenti, manifesta la complementarietĆ dei diversi carismi e perciĆ² suscita in tutti il desiderio di camminare insieme. Lo vediamo in GesĆ¹ stesso, che si ĆØ circondato, fin dallāinizio, di un gruppo di discepoli, uomini e donne, e ha vissuto con loro il suo ministero pubblico. Mai da solo. E quando ha inviato i Dodici ad annunciare il Regno di Dio li ha mandati āa due a dueā. La stessa cosa vediamo in San Paolo, che ha sempre evangelizzato insieme a collaboratori, anche laici e coppie di sposi. Non da solo. E cosƬ ĆØ stato nei momenti di grande rinnovamento e di slancio missionario nella storia della Chiesa: pastori e fedeli laici insieme. Non individui isolati, ma un popolo che evangelizza!
So che avete anche parlato della formazione dei laici, indispensabile per vivere la corresponsabilitĆ . Anche su questo punto vorrei sottolineare che la formazione devāessere orientata alla missione. Non devāessere scolastica, limitata a idee teoriche, ma anche pratica. Essa nasce dallāascolto del Kerygma, si nutre con la Parola di Dio e i Sacramenti, fa crescere nel discernimento, personale e comunitario, e coinvolge da subito nellāapostolato e in varie forme di testimonianza, a volte semplici, che portano a farsi vicini agli altri. Lāapostolato dei laici ĆØ anzitutto testimonianza! Testimonianza della propria esperienza, testimonianza della preghiera, testimonianza del servizio a chi ĆØ nel bisogno, testimonianza della vicinanza ai poveri e alle persone sole, testimonianza dellāaccoglienza, soprattutto da parte delle famiglie. E cosƬ ci si forma alla missione: andando verso
gli altri. Ć una formazione āsul campoā, e al tempo stesso una via efficace di crescita spirituale.
Fin dallāinizio ho detto che āsogno una Chiesa missionariaā (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 27). Lāaccento che ho voluto mettere sulla dimensione sinodale ĆØ in continuitĆ con questo āsogno missionarioā. Per essere missionaria la Chiesa ĆØ chiamata ad essere sinodale. Questo orizzonte ci dĆ la giusta chiave di lettura per il tema della corresponsabilitĆ dei laici nella Chiesa. In effetti, lāesigenza di valorizzare i laici non dipende da qualche novitĆ teologica, e neppure da esigenze funzionali per la diminuzione dei sacerdoti; tanto meno nasce da rivendicazioni di categoria, per concedere una ārivincitaā a chi ĆØ stato messo da parte in passato. Si basa piuttosto su una corretta visione della Chiesa: la Chiesa come Popolo di Dio, di cui i laici fanno parte a pieno titolo insieme ai ministri ordinati. Si tratta di recuperare una āecclesiologia integraleā, come era nei primi secoli, nella quale tutto viene unificato dallāappartenenza a Cristo e dalla comunione soprannaturale con Lui e con i fratelli, superando una visione sociologica che distingue classi e ranghi sociali e che si basa in fondo sul āpotereā assegnato ad ogni categoria. Lāaccento va posto sullāunitĆ e non sulla separazione. Il laico, piĆ¹ che come ānon chiericoā o ānon religiosoā, va considerato come battezzato, come membro del Popolo santo di Dio. Nel Nuovo Testamento non compare la parola ālaicoā, ma si parla di ācredentiā, di ādiscepoliā, di āfratelliā, di āsantiā, termini applicati a tutti: fedeli laici e ministri ordinati. In questo unico Popolo di Dio, che ĆØ la Chiesa, lāelemento fondamentale ĆØ lāappartenenza a Cristo.
Nei racconti commoventi degli Atti dei martiri dei primi secoli, troviamo spesso una semplice professione di fede: āSono cristianoā, dicevano, āe perciĆ² non posso sacrificare agli idoliā. Lo dice, ad esempio, Policarpo, vescovo di Smirne;[1] lo dicono Giustino e altri suoi compagni, laici.[2] Questi martiri non dicono āsono vescovoā o āsono laicoā, dicono solamente āsono cristianoā. Anche oggi, in un mondo che si secolarizza sempre di piĆ¹, ciĆ² che veramente ci distingue come Popolo di Dio ĆØ la fede in Cristo, non lo stato di vita in sĆ© considerato. Siamo battezzati, cristiani, discepoli di GesĆ¹. Tutto il resto ĆØ secondario. La nostra comune appartenenza a Cristo ci rende tutti fratelli. Il Concilio Vaticano II afferma: Ā«I laici, come per benevolenza divina hanno per fratello Cristo, [ā¦] cosƬ anche hanno per fratelli coloro che, posti nel sacro ministero, [ā¦] svolgono nella famiglia di Dio lāufficio di pastoriĀ» (Cost. Lumen gentium, 32). Fratelli con Cristo e fratelli con i sacerdoti.
In questa visione unitaria della Chiesa, dove siamo anzitutto cristiani, i laici vivono nel mondo e nello stesso tempo fanno parte del Popolo di Dio. Il Documento di Puebla ha usato una espressione felice per esprimere questo: i laici sono uomini e donne Ā«di Chiesa nel cuore del mondoĀ» e uomini e donne Ā«del mondo nel cuore della ChiesaĀ». Ć vero che i laici sono chiamati a vivere principalmente la loro missione nelle realtĆ secolari in cui sono immersi ogni giorno, ma ciĆ² non esclude che abbiano anche le capacitĆ , i carismi e le competenze per contribuire alla vita della Chiesa: nellāanimazione liturgica, nella catechesi e nella formazione, nelle strutture di governo, nellāamministrazione dei beni, nella programmazione e attuazione dei programmi pastorali, e cosƬ via. Per questo i pastori vanno formati, fin dai tempi del seminario, a una collaborazione quotidiana e ordinaria con i laici, cosƬ che il vivere la comunione diventi per loro un modo di agire naturale, e non un fatto straordinario e occasionale. Questa corresponsabilitĆ vissuta fra laici e pastori permetterĆ di superare le dicotomie, le paure e le diffidenze reciproche. Ć ora che pastori e laici camminino insieme, in ogni ambito della vita della Chiesa, in ogni parte del mondo! I fedeli laici non sono āospitiā nella Chiesa, sono a casa loro, perciĆ² sono chiamati a prendersi cura della propria casa. I laici, e soprattutto le donne, vanno maggiormente valorizzati nelle loro competenze e nei loro doni umani e spirituali per la vita delle parrocchie e delle diocesi.
Possono portare, con il loro linguaggio āquotidianoā, lāannuncio del Vangelo, impegnandosi in varie forme di predicazione. Possono collaborare con i sacerdoti per formare i bambini e i giovani, per aiutare i fidanzati nella preparazione al matrimonio e per accompagnare gli sposi nella vita coniugale e familiare. Vanno sempre consultati quando si preparano nuove iniziative pastorali ad ogni livello, locale, nazionale e universale. Si deve dare loro voce nei consigli pastorali delle Chiese particolari. Devono essere presenti negli uffici delle Diocesi. Possono aiutare nellāaccompagnamento spirituale di altri laici e dare il loro contributo anche nella formazione dei seminaristi e dei religiosi. E, insieme con i pastori, devono portare la testimonianza cristiana negli ambienti secolari: il mondo del lavoro, della cultura, della politica, dellāarte, della comunicazione sociale.
Potremmo dire: laici e pastori insieme nella Chiesa, laici e pastori insieme nel mondo.
Carissimi, con questi pochi cenni ho voluto indicare un ideale, unāispirazione che puĆ² aiutarci nel cammino. Vorrei che tutti noi avessimo nel cuore e nella mente questa bella visione della Chiesa: una Chiesa protesa alla missione e dove si unificano le forze e si cammina insieme per evangelizzare; una Chiesa in cui ciĆ² che ci lega ĆØ il nostro essere cristiani, il nostro appartenere a GesĆ¹; una Chiesa dove fra laici e pastori si vive una vera fratellanza, lavorando fianco a fianco ogni giorno, in ogni ambito della pastorale. Vi esorto a farvi promotori nelle vostre Chiese di quanto avete ricevuto in questi giorni, per continuare insieme il rinnovamento della Chiesa e la sua conversione missionaria. Di cuore benedico tutti voi e i vostri cari, e vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie”.
Dal bollettino della Sala Stampa Vaticana