Ancora una volta Papa Francesco, al termine dell’udienza generale, è tornato a pregare per l’Ucraina e per i “tanti innocenti che stanno pagando la pazzia della guerra, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia”. E poi, ha rivolto a un pensiero ai bambini: “Tanti morti, poi tanti rifugiati, qui ce ne sono tanti. Tanti feriti. Tanti bambini ucraini e bambini russi sono diventati orfani: l’orfanità non ha nazionalità, hanno perso il papà e la mamma, sia russi sia ucraini”. Il Santo Padre ha inoltre dedicato un passaggio del suo discorso a Darya Dugina: “Penso ad una povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca. Gli innocenti pagano la guerra“. “Auspico che si intraprendano passi concreti per mettere fine alla guerra e scongiurare il disastro nucleare a Zaporizhzhia – ha aggiunto il Papa -. Rinnovo il mio invito ad implorare al Signore la pace per l’amato popolo ucraino che da sei mesi, oggi, patisce l’orrore della guerra”.
Il testo integrale dell’udienza generale
Riportiamo in forma integrale il discorso di Papa Francesco pronunciato nel corso dell’udienza generale.
“Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Abbiamo da poco celebrato l’Assunzione in cielo della Madre di Gesù. Questo mistero illumina il compimento della grazia che ha plasmato il destino di Maria, e illumina anche la nostra destinazione. Con questa immagine della Vergine assunta in cielo vorrei concludere il ciclo delle catechesi sulla vecchiaia. In occidente la contempliamo elevata verso l’alto avvolta di luce gloriosa; in oriente è raffigurata distesa, dormiente, circondata dagli Apostoli in preghiera, mentre il Signore Risorto la porta tra le mani come una bambina. La teologia ha sempre riflettuto sul rapporto di questa singolare ‘assunzione’ con la morte, che il dogma non definisce. Penso che sarebbe ancora più importante esplicitare il rapporto di questo mistero con la risurrezione del Figlio, che apre la via della generazione alla vita per tutti noi. Nell’atto divino del ricongiungimento di Maria con Cristo Risorto non è semplicemente trascesa la normale corruzione corporale della morte umana, è anticipata l’assunzione corporale della vita di Dio. Viene infatti anticipato il destino della risurrezione che ci riguarda: perché, secondo la fede cristiana, il Risorto è primogenito di molti fratelli e sorelle.
Potremmo dire – seguendo la parola di Gesù a Nicodemo – che è un po’ come una seconda nascita (cfr Gv 3,3-8). Se la prima è stata una nascita sulla terra, questa seconda è la nascita al cielo. Non a caso l’Apostolo Paolo, nel testo che è stato letto all’inizio, parla delle doglie del parto (cfr Rm 8,22). Come, appena usciti dal seno di nostra madre, siamo sempre noi, lo stesso essere umano che era nel grembo, così, dopo la morte, nasciamo al cielo, allo spazio di Dio, e siamo ancora noi che abbiamo camminato su questa terra. Analogamente a quanto è accaduto a Gesù: il Risorto è sempre Gesù: non perde la sua umanità, il suo vissuto, e neppure la sua corporeità, perché senza di essa non sarebbe più Lui.
Ce lo dice l’esperienza dei discepoli, ai quali Egli appare per quaranta giorni dopo la sua risurrezione. Il Signore mostra le ferite che hanno sigillato il suo sacrificio; ma non sono più le brutture dell’avvilimento dolorosamente patito, ormai sono la prova indelebile del suo amore fedele sino alla fine. Gesù risorto con il suo corpo vive nell’intimità trinitaria di Dio! E in essa non perde la memoria, non abbandona la propria storia, non scioglie le relazioni in cui è vissuto sulla terra. Ai suoi amici ha promesso: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,3).
Il Risorto vive nel mondo di Dio, dove c’è un posto per tutti, dove si forma una nuova terra e si va costruendo la città celeste, abitazione definitiva dell’uomo. Noi non possiamo immaginare questa trasfigurazione della nostra corporeità mortale, ma siamo certi che essa manterrà riconoscibili i nostri volti e ci consentirà di rimanere umani nel cielo di Dio. Ci consentirà di partecipare, con sublime emozione, all’infinita e felice esuberanza dell’atto creatore di Dio, di cui vivremo in prima persona tutte le interminabili avventure. Gesù, quando parla del Regno di Dio, lo descrive come un pranzo di nozze, come una festa con gli amici, come il lavoro che rende perfetta la casa, o le sorprese che rendono il raccolto più ricco della semina. Prendere sul serio le parole evangeliche sul Regno abilita la nostra sensibilità a godere dell’amore operoso e creativo di Dio, e ci mette in sintonia con la destinazione inaudita della vita che seminiamo. Nella nostra vecchiaia, care e cari coetanei, l’importanza di tanti “dettagli” di cui è fatta la vita – una carezza, un sorriso, un gesto, un lavoro apprezzato, una sorpresa inaspettata, un’allegria ospitale, un legame fedele – si rende più acuta. L’essenziale della vita, che in prossimità del nostro congedo teniamo più caro, ci appare definitivamente chiaro.
Ecco: questa sapienza della vecchiaia è il luogo della nostra gestazione, che illumina la vita dei bambini, dei giovani, degli adulti, dell’intera comunità. L’intera nostra vita appare come un seme che dovrà essere sotterrato perché nasca il suo fiore e il suo frutto. Nascerà, insieme con tutto il resto del mondo. Non senza doglie, non senza dolore, ma nascerà (cfr Gv 16,21-23). E la vita del corpo risorto sarà cento e mille volte più viva di come l’abbiamo assaggiata su questa terra (cfr Mc 10,28-31).
Il Signore Risorto, non a caso, mentre aspetta gli Apostoli in riva al lago, arrostisce del pesce (cfr Gv 21,9) e poi lo offre loro. Questo gesto di amore premuroso ci fa intuire che cosa ci aspetta mentre passiamo all’altra riva. Sì, cari fratelli e sorelle, specialmente voi anziani, il meglio della vita è ancora tutto da vedere. La Madre del Signore e Madre nostra, che ci ha preceduti in Paradiso, ci restituisca la trepidazione dell’attesa“.