“Oggi, mentre l’istituzione del matrimonio è sotto attacco da potenti forze culturali, i fedeli sono chiamati a testimoniare questa basilare fede biblica e legge naturale, che è essenziale all’ordine saggio e giusto della società”. Non usa perifrasi Papa Francesco in un messaggio inviato, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, alla convention dei Cavalieri di Colombo in corso a Philadelphia negli Stati Uniti, per difendere il sacramento che unisce un uomo e una donna.
Il successore di Pietro è tornato sul tema a un mese e mezzo dalla sua partecipazione all’ottavo incontro mondiale delle famiglie di Philadelphia. L’unione sponsale, ha affermato, è “un’istituzione naturale, un patto di amore e fedeltà tra un uomo e una donna, teso alla loro perfezione e santificazione, al futuro della nostra famiglia umana”.
Secondo il vescovo di Roma la libertà religiosa non è solo libertà di culto, ma anche, per le persone e le istituzioni, “di parlare e agire in accordo con ciò che stabilisce la loro coscienza”. Proprio per questo, “nella misura in cui questa libertà è minacciata, da invasive politiche pubbliche o dalla crescente influenza di una cultura che pone presunti diritti personali al di sopra del bene comune, c’è bisogno di una mobilitazione delle coscienze da parte di tutti quei cittadini che, a prescindere dal partito o dal credo, sono preoccupati per il benessere complessivo della società”.
Ribadendo l’importanza del matrimonio il Pontefice, in un altro contesto, è tornato sulla questione dei componenti di famiglie disgregate, come coloro che “in seguito all’irreversibile fallimento del loro legame matrimoniale, hanno intrapreso una nuova unione”.
Lo ha fatto in aula Paolo VI durante l’udienza generale del mercoledì, ripresa dopo la pausa estiva. Il Santo Padre, che dal 4 al 25 ottobre prossimi presiederà il XIV Sinodo generale ordinario sulla famiglia, ha sottolineato che i divorziati “non sono scomunicati, come alcuni pensano”, ma “fanno sempre parte della Chiesa”. Sebbene la loro condizione contraddica il Sacramento cristiano, lo “sguardo di maestra” dell’intera comunità ecclesiale “attinge sempre da un cuore di madre; un cuore che, animato dallo Spirito Santo, cerca sempre il bene e la salvezza delle persone. Ecco perché sente il dovere, per amore della verità, di ben discernere le situazioni”. Citando l’Esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II ha poi osservato che è necessario fare i giusti distinguo, ad esempio, “tra chi ha subito la separazione rispetto a chi l’ha provocata”.
No, quindi, alle “porte chiuse”. Anzi, i Pastori sono invitati “a manifestare apertamente e coerentemente la disponibilità della comunità ad accoglierli e a incoraggiarli, perché vivano e sviluppino sempre più la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa con la preghiera, con l’ascolto della Parola di Dio, con la frequenza alla liturgia, con l’educazione cristiana dei figli, con la carità e il servizio ai poveri, con l’impegno per la giustizia e la pace”.
Proprio ai bambini – si è raccomandato il Pontefice – va tributata particolare attenzione in quanto sono “quelli che soffrono di più queste situazioni”. “Del resto – ha considerato – come potremmo raccomandare a questi genitori di fare di tutto per educare i figli alla vita cristiana, dando loro l’esempio di una fede convinta e praticata, se li tenessimo a distanza dalla vita della comunità?”. E allora “si deve fare in modo di non aggiungere altri pesi” oltre a quelli che i piccoli già portano, facendo sentire loro che la Chiesa è “madre attenta a tutti” e sempre “disposta all’ascolto e all’incontro”.