Non un’intervista ma un incontro. Papa Francesco “sale sulla barca” di tutti noi, intervenendo in diretta a Che tempo che fa, condotto da Fabio Fazio. Un dialogo, una riflessione, un invito ad aprire gli occhi e le coscienze sui drammi del mondo, ma anche a riscoprire la gioia della genitorialità condivisa con i propri figli e a fuggire dalla tentazione dell’indifferenza. Un’occasione per guardare dentro noi stessi e fuori dalle nostre case, per non dimenticare che i momenti di difficoltà comune richiedono il nostro impegno congiunto. “Toccare con mano le sofferenze”, farle proprie, accogliere e integrare, agire in comunione per il bene di tutti, nel dramma dell’emergenza sanitaria come di fronte a chi ha lasciato le proprie terre sfidando “i lager” e le avversità. In un mondo in cui, come ricorda il Santo Padre, “alle guerre si attribuisce più importanza che alle persone”.
La guerra e l’emigrazione
Una violazione dell’ordine naturale delle cose. Papa Francesco indica la guerra come “un controsenso della creazione”, l’abominio del mondo che lascia la strada del dialogo per quella di una violenza che mette gli interessi economici davanti a quelli delle persone. La stessa indifferenza che spinge al rifiuto di chi soffre, contribuendo “a trasformare il Mediterraneo in un cimitero”. E’ la cultura dello scarto ricorda il Pontefice, “un’ingiustizia” che porta a non condividere la necessità dell’accoglienza. “La migrazione è un problema di politica interna che deve essere pensato bene. Mettersi d’accordo fra i vari Paesi, così si fa un equilibrio in comunione… La politica continentale è una responsabilità nostra”. Il migrante, spiega il Papa, “va accolto, accompagnato, promosso, integrato”, ricordandoci che il Signore ci ha concesso di nascere e vivere in “Paesi sviluppati, che ci hanno dato la possibilità della scuola e del lavoro”.
La psicologia dell’indifferenza
Ma c’è “una psicologia che ci chiude”. I nostri occhi vedono le sofferenze ma “c’è sempre la tentazione di guardare dall’altra parte, di non guardare. Con i media vediamo tutto ma prendiamo distanza, ci lamentiamo un po’ ma poi è come se niente fosse accaduto”. Eppure, ricorda Papa Francesco, “non basta vedere, è necessario sentire e toccare. E qui entra la psicologia dell’indifferenza, ‘vedo ma non mi coinvolgo’. Quando Gesù ci parla di come vogliamo comportarci col prossimo, ci parla della parabola del Buon Samaritano. Il dottore della legge e il sacerdote passano, vedono ma continuano per la loro strada. Ci manca toccare le miserie”. Questo, spiega, “ci porta all’eroicità. Penso a medici e infermieri che hanno scelto di rimanere con gli ammalati, hanno toccato il male. Il tatto è il senso più pieno, che ci mette la realtà nel cuore. Farsi carico dell’altro, perché se guardiamo senza toccare mai potremmo trovare una soluzione alla cultura dell’indifferenza”.
La cura della madre Terra
La cura dell’altro, dev’essere la stessa che ognuno di noi pone per ciò che lo circonda. Vedere senza toccare non solo le sofferenze nel mondo ma anche del mondo. “Pensiamo all’Amazzonia, alla deforestazione. Sappiamo cosa significa: meno ossigeno, cambiamento climatico, morte della biodiversità, uccidere la madre Terra. Non avere con lei quel rapporto che hanno i popoli indigeni… I pescatori di San Benedetto del Tronto, che sono venuti da me, hanno trovato in un anno tonnellate di plastica. Loro prendono ogni rifiuto dal mare per pulirlo, perché lo sentono come cosa loro. Buttare plastica nel mare è uccidere. Prendersi cura del Creato è un’educazione necessaria”. Farci carico della madre Terra è un altro dei doveri condivisi da fare nostri.
L’aggressività sociale
Quella stessa cura da riservare anche alla nostra società, nei contesti più quotidiani della vita di ogni giorno. La pandemia ci ha mostrato i nostri limiti e fatto emergere nuove divisioni. Imponendoci l’obbligo di fare i conti con il problema dell’aggressività sociale: “L’aggressività va educata, può essere anche ‘positiva’. Ma questa è distruttiva, che comincia con una cosa piccola: con la lingua, il chiacchiericcio. Questo distrugge l’identità. E il chiacchiericcio non si fa fra i governanti ma anche nelle famiglie. Se si ha qualcosa contro l’altro, bisogna parlarne con lui. Sembra un sermone ma è una realtà. Lì incominciano le divisioni”.
Genitori e figli
L’antidoto al chiacchiericcio inizia nella famiglia, laddove la vicinanza fra genitori e figli diventa essenziale per costruire l’armonia. “Quando si confessano coppie giovani chiedo sempre se giocano con i propri figli. La società crudele si stacca dai figli. Ma la gratuità di giocare con loro, non spaventarsi dei figli, delle cose che dicono, anche quando un adolescente scivola… Bisogna parlare, essere vicini come genitori. Chi non lo è non fa bene. I genitori devono essere quasi complici con i figli. Quella complicità genitoriale che fa che crescano insieme, padri e figli”. Quella stessa vicinanza che va mostrata in ogni gesto nei confronti dell’altro, affinché non vi sia mai “uno sguardo dall’alto verso il basso di dominazione”, ma quello di prossimità “per aiutare l’altro a rialzarsi”.
Il perdono e la sofferenza
Del resto, ricorda Papa Francesco, tutto ruota attorno al perdono. “La capacità di essere perdonato è un diritto umano. Un diritto che nasce dalla natura di Dio ed è stato dato in eredità. Chi mi chiede perdono ha il diritto di essere perdonato. E chi ha un debito con la società deve pagarlo ma col perdono. Il papà del figliol prodigo lo aspettava per perdonarlo”. Ma il male coinvolge anche gli innocenti. Alcune avversità “vengono proprio perché l’uomo ha perso la capacità di seguire le regole, ha cambiato la natura, ha cambiato tante cose, e anche per le proprie fragilità umane”. Con il male, ricorda il Pontefice, “non si parla, dialogarci è pericoloso. Gesù mai ha dialogato col diavolo. E quando ha dovuto rispondere nel deserto, ha risposto con la Bibbia, la Parola di Dio. Questo vale per tutte le tentazioni”. E sugli interrogativi senza risposta, come le sofferenze che coinvolgono i bambini? “Io – risponde il Papa – trovo una sola strada: soffrire con loro”.
Il futuro della Chiesa
C’è il futuro della Chiesa nei pensieri del Santo Padre. Quella Chiesa che lui stesso, attraverso l’Evangelii Gaudium, ha cercato di indirizzare sulla via del pellegrinaggio. Questo perché “il pericolo più grande, oggi, è quello della mondanità spirituale, il peggio dei mali che possono accadere alla Chiesa, peggio dei ‘papi libertini’. E questa mondanità fa crescere il clericalismo, una perversione della Chiesa. Genera la rigidità e sotto ogni tipo di rigidità c’è putredine. Questo è ciò che di brutto accade oggi. L’ideologia prende il posto del Vangelo. Senza la carne di Cristo non c’è Chiesa possibile. Il Verbo si è fatto carne e in questo scandalo della croce, del verbo incarnato c’è il futuro della Chiesa”.