“Confessare è priorità pastorale. Per favore, che non ci siano quei cartelli: ‘Si confessa soltanto lunedì, mercoledì dalla tal ora alla tal ora’. Si confessa ogni volta che te lo chiedono. E se tu stai lì, nel confessionale, pregando, stai con il confessionale aperto, che è il cuore di Dio aperto”. Così Papa Francesco si rivolge ai partecipanti del corso promosso dalla Penitenzieria Apostolica sulla Confessione. Quello della Penitenzieria, esordisce il Pontefice, “è il tipo di Tribunale che mi piace perché è il tribunale della misericordia”. Quindi propone un’identikit del buon confessore, e lo fa in tre punti: indica tre punti per essere buoni confessori.
Il confessore è un vero amico di Gesù
Innanzitutto bisogna essere veri amici di Gesù, ciò significa essere immersi nella preghiera. Questo “eviterà quelle asprezze e incomprensioni che, talvolta, si potrebbero generare anche nell’incontro sacramentale. Gesù si compiacerà certamente se faremo largo uso della sua misericordia“. Quindi, aggiunge: “Un confessore che prega sa bene di essere lui stesso il primo peccatore e il primo perdonato. Non si può perdonare nel Sacramento senza la consapevolezza di essere perdonato prima. E dunque la preghiera è la prima garanzia per evitare ogni atteggiamento di durezza, che inutilmente giudica il peccatore e non il peccato. Nella preghiera è necessario implorare il dono di un cuore ferito, capace di comprendere le ferite altrui e di sanarle con l’olio della misericordia, quello che il buon samaritano versò sulle piaghe di quel malcapitato, per il quale nessuno aveva avuto pietà”.
Il confessore è uomo di Spirito
Francesco ricorda che “il buon confessore è un uomo dello Spirito, del discernimento. Quanto male viene alla Chiesa – sottolinea – dalla mancanza di discernimento!”. E’ proprio lo Spirito che permette ai sacerdoti di immedesimarsi con quanti “si avvicinano al confessionale e di accompagnarli con prudente e maturo discernimento e con vera compassione delle loro sofferenze, causate dalla povertà del peccato”. Poi, una precisazione: “Il confessore non fa la propria volontà e non insegna una dottrina propria. Egli è chiamato a fare sempre e solo la volontà di Dio, in piena comunione con la Chiesa, della quale è ministro, cioè servo”. Non solo. “Il discernimento permette di distinguere sempre, per non confondere, e per non fare mai ‘di tutta l’erba un fascio’. Il discernimento educa lo sguardo e il cuore, permettendo quella delicatezza d’animo tanto necessaria di fronte a chi ci apre il sacrario della propria coscienza per riceverne luce, pace e misericordia”. Chi si avvicina al confessionale “può provenire dalle più disparate situazioni“, potrebbe avere anche “veri e propri disturbi spirituali” e in questi casi non bisogna “esitare a fare riferimento a coloro che, nella diocesi, sono incaricati di questo delicato e necessario ministero, vale a dire gli esorcisti. Ma questi devono essere scelti con molta cura e molta prudenza”. Tuttavia, sottolinea, tali disturbi “possono anche essere in larga parte psichici, e ciò deve essere verificato attraverso una sana collaborazione con le scienze umane“.
Il confessionale, luogo di evangelizzazione
Nel terzo punto, il Pontefice afferma: “il confessionale è anche un luogo di evangelizzazione e di formazione, perché fa incontrare il vero volto di Dio, che è quello della misericordia”. Infatti, in quel breve dialogo che “intesse con il penitente, il confessore è chiamato a discernere che cosa sia più utile e che cosa sia addirittura necessario al cammino spirituale di quel fratello o di quella sorella. Talvolta si renderà necessario ri-annunciare le più elementari verità di fede. Si tratta di un’opera di pronto e intelligente discernimento, che può fare molto bene ai fedeli”.
Il confessionale sia sempre aperto
“Il confessore è chiamato quotidianamente e recarsi nelle ‘periferie del male e del peccato‘”, aggiunge il Papa. “Questa è una brutta periferia!”, commenta, ma è proprio qui che la sua “opera rappresenta un’autentica priorità pastorale”. Quindi sottolinea: “Confessare è priorità pastorale. Per favore, che non ci siano quei cartelli: ‘Si confessa soltanto lunedì, mercoledì da tale ora a tale ora’. Si confessa ogni volta che te lo chiedono. E se tu stai lì pregando, stai con il confessionale aperto, che è il cuore di Dio aperto”.
“I ladri non vanno in paradiso”
Infine, il Papa ricorda un antico racconto popolare che parla di Pietro, a guardia della porta del Paradiso per vagliare l’ingresso delle anime dei defunti. E la Madonna, quando vede un ladro, “gli fa segnale di nascondersi”. Poi, di notte, lo chiama e lo fa entrare dalla finestra:
“E’ un racconto popolare; ma è tanto bello perdonare con la mamma accanto; perdonare con la Madre. Perché questa donna, quest’uomo che viene al confessionale, ha una madre in cielo che gli aprirà le porte o lo aiuterà al momento di entrare in Cielo. La Madonna ci aiuta anche nell’esercizio della misericordia”. Infine, dopo la preghiera dell’Angelus e la benedizione, Papa Francesco, scherzando con i presenti, commenta: “Non dite che i ladri vanno in cielo, non dite questo!”.