“All’inizio di questo periodo di riposo e ferie, prendiamoci il tempo per esaminare la nostra vita per vedere le tracce della presenza di Dio che non cessa di guidarci. Buona estate a tutti e che Dio vi benedica“. Sono questi gli auguri per le vacanze estive che Papa Francesco ha rivolto ai fedeli che si sono radunati nel Cortile San Damaso del Palazzo Apostolico per quella che è l’ultima udienza generale prima della consueta pausa di luglio.
L’autista del Papa va in pensione
Inoltre, Papa Francesco ha voluto ringraziare Renzo Cece, il suo autista, che oggi va in pensione. “Qui in Vaticano c’è tanta varietà di gente, i preti, i cardinali, le suore che lavorano, tanti laici, tanti – ha detto Papa Francesco – E oggi io vorrei soffermarmi per ringraziare un laico che oggi va in pensione, Renzo Cece. Lui ha cominciato a lavorare a 14 anni, veniva in bicicletta. Oggi è l’autista del Papa. Ha fatto tutto questo. Un applauso a Renzo e alla sua fedeltà – ha aggiunto – E’ una di quelle persone che porta avanti la Chiesa col suo lavoro, con la sua benevolenza e con la sua preghiera. Lo ringrazio tanto, e anche approfitto dell’opportunità per ringraziare tutti i laici che lavorano con noi in Vaticano”.
Il testo integrale della catechesi del Pontefice
Riportiamo in forma integrale il testo della catechesi che Papa Francesco ha pronunciato questa mattina nel corso dell’udienza generale; catechesi che si basa sulla Lettera ai Galati dell’Apostolo Paolo, incentrata sul tema: “Paolo vero apostolo”.
“Fratelli e sorelle, buongiorno! Ci addentriamo poco alla volta nella Lettera ai Galati. Abbiamo visto che questi cristiani si vengono a trovare in conflitto su come vivere la fede. L’apostolo Paolo inizia a scrivere la sua Lettera ricordando loro i rapporti trascorsi, il disagio per la lontananza e l’immutato amore che nutre per ciascuno di loro. Non manca di far notare comunque la sua preoccupazione perché i Galati abbiano a seguire la giusta strada: è la preoccupazione di un padre, che ha generato le comunità nella fede. Il suo intento è molto chiaro: è necessario ribadire la novità del Vangelo, che i Galati hanno ricevuto dalla sua predicazione, per costruire la vera identità su cui fondare la propria esistenza.
Scopriamo da subito che Paolo è un profondo conoscitore del mistero di Cristo. Fin dall’inizio della sua Lettera non segue le basse argomentazioni utilizzate dai suoi detrattori. L’Apostolo “vola alto” e indica anche a noi come comportarci quando si creano conflitti all’interno della comunità. Solo verso la fine della Lettera, infatti, viene esplicitato che il nocciolo della diatriba suscitata è quello della circoncisione, dunque della principale tradizione giudaica. Paolo sceglie la strada di andare più in profondità, perché la posta in gioco è la verità del Vangelo e la libertà dei cristiani, che ne è parte integrante. Non si ferma alla superfice dei problemi, come spesso siamo tentati di fare noi per trovare subito una soluzione che illude di mettere tutti d’accordo con un compromesso. Non è così che funziona con il Vangelo e l’Apostolo ha scelto di seguire la via più impegnativa. Scrive così: «È forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!» (Gal 1,10).
In primo luogo, Paolo si sente in dovere di ricordare ai Galati di essere un vero apostolo non per proprio merito, ma per la chiamata di Dio. Lui stesso racconta la storia della sua vocazione e conversione, coincisa con l’apparizione di Cristo Risorto durante il viaggio verso Damasco (cfr At 9,1-9). È interessante osservare quanto afferma della sua vita precedente a quell’avvenimento: «Perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri» (Gal 1,13-14). Paolo osa affermare che lui nel giudaismo superava tutti, era un vero fariseo zelante, «irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della legge» (Fil 3,6). Per ben due volte sottolinea che lui era stato un difensore delle «tradizioni dei padri» e un «convinto sostenitore della legge». Da una parte, egli insiste nel sottolineare che aveva ferocemente perseguitato la Chiesa e che era stato un «bestemmiatore, un persecutore, un violento» (1 Tm 1,13); dall’altra, evidenzia la misericordia di Dio nei suoi confronti, che lo porta a vivere una radicale trasformazione, ben conosciuta da tutti. Scrive: «Non ero personalmente conosciuto dalle Chiese della Giudea che sono in Cristo; avevano soltanto sentito dire: “Colui che una volta ci perseguitava, ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere”» (Gal 1,22-23). Paolo mette così in evidenza la verità della sua vocazione attraverso l’impressionante contrasto che si era venuto a creare nella sua vita: da persecutore dei cristiani perché non osservavano le tradizioni e la legge, era stato chiamato a diventare apostolo per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo.
Ripensando a questa sua storia, Paolo è pieno di meraviglia e di riconoscenza. È come se volesse dire ai Galati che lui tutto sarebbe potuto essere tranne che un apostolo. Era stato educato fin da ragazzo per essere un irreprensibile osservante della Legge mosaica, e le circostanze lo avevano portato a combattere i discepoli di Cristo. Tuttavia, qualcosa d’inaspettato era accaduto: Dio, con la sua grazia, gli aveva rivelato suo Figlio morto e risorto, perché lui ne diventasse annunciatore in mezzo ai pagani (cfr Gal 1,15-6).
Come sono imperscrutabili le strade del Signore! Lo tocchiamo con mano ogni giorno, ma soprattutto se ripensiamo ai momenti in cui il Signore ci ha chiamato. Non dobbiamo mai dimenticare il tempo e il modo in cui Dio è entrato nella nostra vita: tenere fisso nel cuore e nella mente quell’incontro con la grazia, quando Dio ha cambiato la nostra esistenza. Quante volte, davanti alle grandi opere del Signore, viene spontanea la domanda: com’è possibile che Dio si serva di un peccatore, di una persona fragile e debole, per realizzare la sua volontà? Eppure, non c’è nulla di casuale, perché tutto è stato preparato nel disegno di Dio. Lui tesse la nostra storia e, se noi corrispondiamo con fiducia al suo piano di salvezza, ce ne accorgiamo. La chiamata comporta sempre una missione a cui siamo destinati; per questo ci viene chiesto di prepararci con serietà, sapendo che è Dio stesso che ci invia e sostiene con la sua grazia. Lasciamoci condurre da questa consapevolezza: il primato della grazia trasforma l’esistenza e la rende degna di essere posta al servizio del Vangelo”.