Una marcia per chiedere lo stop alle guerre e, insieme, un futuro di concordia e diplomazia. Palermo scende in strada per manifestare non solo il dissenso contro ogni forma di violenza ma anche la volontà di impegnarsi affinché si dia luogo a una cura della casa comune. Mons. Corrado Lorefice: “La terra sia bagnata dal sudore, non dal sangue”.
Palermo in marcia per la pace
“Siamo chiamati oggi a levare in alto le bandiere dell’E-vangelo della pace, a compiere gesti fattivi di distensione, a fare pressione sulle autorità politiche, in primo luogo quelle dell’Europa, perché si inverta la rotta, ci sia una sospensione dei combattimenti, la diplomazia, animata da nuovi profeti di pace, prevalga e la concordia regni nella Casa comune”. Lo ha detto l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nel suo intervento in occasione della marcia della pace. “La terra deve essere bagnata dal sudore e non dal sangue – ha aggiunto -. Solo la pace fa fiorire i nostri prati, rende limpido il nostro cielo, fa sentire il verso delle allodole, il sorriso dei bimbi, il canto degli innamorati, le dolci nenie delle mamme, il racconto degli anziani. Ecco la nostra unica speranza, il nostro destino ultimo: la pace!”.
Il ripudio della guerra
Ricordando che “come cittadini europei, come cittadini italiani, sentiamo che sono questi i valori inscritti nel nostro dna”, l’arcivescovo ha sottolineato che “anche la nostra Costituzione ha inciso il ripudio della guerra, come ci ha ricordato pochi giorni fa, nel suo ispirato discorso di fine anno, il Presidente della Repubblica – nostro concittadino – Sergio Mattarella, che ha indicato chiaramente nella pace non un sinonimo ma l’esatto contrario della neutralità, che rischia di diventare indifferenza”.
Artigiani della pace
“Ecco, tutti noi qui stasera, siamo tutt’altro che neutrali: siamo impegnati, siamo schierati, siamo partigiani. Siamo i partigiani artigiani della pace a difesa di quella Madre Terra che Francesco d’Assisi ci invitava a contemplare e ad abitare come casa comune e non come campo di battaglia, come giardino ospitale e armonioso e non come desolata landa di ululati solitari. Ecco, gli spettri dell’idolatria e dell’autolatria ci hanno disabituati a benedire e ci hanno abituati a maledire, a maledirci. Ognuno di noi può invertire questa rotta e scegliere la strada della benedizione. Abbiamo bisogno stasera di un sussulto di protagonismo umano ed evangelico. Gridiamo con la voce dei senza voce, di coloro cui viene tolta in modo crudele e violento la voglia di vivere, di gustare la vita e l’amore”.
Fonte: AgenSir