Nel carcere di Torino si sta verificando una “situazione estremamente grave e preoccupante”. Lo afferma il segretario generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (Osapp) Leo Beneduci, secondo cui “su 1.250 detenuti almeno 60 sarebbero risultati positivi al coronavirus. Di questi – aggiunge – una decina sarebbero già usciti, mentre 47 sarebbero ancora allocati all’interno, distribuiti su tre reparti”.
Paura
“Il personale di polizia penitenziaria – osserva Beneduci ripreso da Ansa – ha paura di prestare servizio, a motivato timore per la propria incolumità, laddove i dispositivi di protezione individuale non stati forniti in maniera sufficiente a parte le mascherine chirurgiche che tra l’altro il personale indossa in questo momento per più giorni consecutivi”. Il personale, è l’appello dell’Osapp all’Unità di crisi regionale piemontese e al governatore Alberto Cirio, chiede di “effettuare tamponi con urgenza in maniera massiccia, anche perché tra i detenuti sarebbe in uso scambiarsi effusioni in maniera più che palese, con l’evidente scopo di contrarre una positività che faciliterebbe l’uscita all’esterno”.
Senza protezioni
Il problema dell’assenza o inadeguatezza delle protezioni per gli agenti penitenziari non è nuovo. Lo scorso 28 marzo, due detenuti al carcere Lorusso e Cutugno, riscontrati positivi al tampone da Covid-19, sono stati ammessi alla detenzione domiciliare mediante accompagnamento con automezzi e personale del Corpo di Polizia Penitenziaria. Anche in quella occasione, a darne notizia fu l’Osapp per voce del segretario generale Beneduci. “Nel merito dell’iniziativa – aveva detto Beneduci – preoccupa fortemente la scelta di adibire al trasporto di soggetti positivi al contagio da Covid-19 automezzi e personale di Polizia Penitenziaria come se si trattasse di una operazione attuata in condizioni normali che invece, in questo momento non sussistono”. “Soprattutto – sottolineava il segretario Osapp – oltre all’impiego di automezzi di cui non si è certi che sarà effettuata l’idonea sanificazione, desta non poca perplessità il fatto che, pur conoscendo da un lato l’insufficiente dotazione di dispositivi di protezione individuale e dall’altro il fatto che durante tali operazioni naturalmente non si rispetti la distanza di oltre un metro tra i soggetti, si sia scelto di adottare tali modalità e non l’utilizzo di ambulanze e personale sanitario”.