Per la sua “inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende universale l’esistenza individuale”. Con questa motivazione la Commissione del Nobel ha conferito il premio per la Letteratura alla poetessa americana Louise Gluck, già vincitrice del Premio Pulitzer nel 1993. Un’edizione segnata dall’emergenza pandemica, laddove negli anni scorsi erano state vissute altre difficoltà di diversa natura. Tanto che, nel 2018, la giuria dell’Accademia decise di non assegnare il Premio, a causa di uno scandalo di natura sessuale emerso in Svezia alla fine di quell’anno. Due Nobel nel 2019 quindi, a Olga Tokarczuk e a Peter Handke (a sua volta contestato per la presunte simpatie nei confronti di Slobodan Milosevic) e ora, dopo 24 anni, il Premio che torna a una poetessa. L’ultima volta fu la polacca Wislawa Szymborska.
Gluck e l’Iris selvatico
Newyorkese di origine ungherese, cresciuta a Long Island e poetessa fin da giovane, tra le lezioni alla Columbia University e le prime raccolte di produzioni scritte. Ben dodici antologie, la prima, Firstborn, addirittura nel 1968, con la raccolta The Wild Iris che le valse il Pulitzer nel 1993. Il primo di una serie di riconoscimenti (fra cui il National Book Award) di cui il Nobel è solo l’ultimo in senso cronologico. Al centro della sua poetica, esperienze di vita vissuta. Dall’anoressia sofferta durante l’adolescenza alla psicanalisi seguita per liberarsene, la fine dell’esperienza universitaria e l’incendio che distrusse la sua casa del Vermont, le cui conseguenze sui propri ricordi descrisse nella sua raccolta The Triumph of Achilles, datato 1985. E ancora, la morte del padre raccontata nella raccolta Ararat, del 1990.
Ma anche una reinterpretazione dei miti classici, con la sua decima raccolta, Averno, che esplora la discesa negli inferi e la risalita. Attraverso la voce stessa della regina Persefone e la chiave di lettura del timore dell’invecchiare. Una vittoria, quella di Louise Gluck, che ribalta tutte le previsioni. Quasi nessuno, infatti, scommetteva su una sua possibile affermazione, che smentisce tutti i pareri dei books a riguardo. Non che sia una novità nella lunga storia del Nobel.