Le celebrazioni in ricordo delle vittime dell’attacco terroristico quest’anno saranno sottotono. La pandemia ha costretto la città che non dorme mai a spegnere le luci e a interrogarsi su un futuro che appare quantomai incerto. Il ricordo, nonostante tutto è ancora vivo. Chi non ricorda quel momento? Chi non ripensa quanto successo? Il crollo delle twin towers a New York ha rappresentato un punto di non ritorno. Da quel giorno è stata scritta un nuova pagina nera della storia del mondo. Gli equilibri geopolitici sono cambiati e molti dei rapporti ed equilibri internazionali si sono formati dopo quel momento.
Il primo giorno della memoria in epoca Covid
Dato il divieto di assembramento e il timore di un nuovo balzo dei casi di coronavirus, le commemorazioni al World Trade Center vedranno come protagoniste solo le famiglie delle vittime. Per quest’anno non è stato allestito nessun palco, ma ci saranno decine di distributori di disinfettanti per le mani.
Le presenza istituzionali a New York
Nessun grande nome è atteso al di là della possibile presenza del vicepresidente Mike Pence, mentre Donald Trump e il rivale Joe Biden voleranno in Pennsylvania. La lettura dei nomi delle 2.700 vittime è stata registrata e sarà trasmessa in streaming.
Cosa riapre
Il Museo dell’11 settembre comunque riapre per l’occasione dopo sei mesi di stop, con l’accesso garantito solo per i componenti delle famiglie delle vittime. A non cambiare saranno solo il suono delle campane per ognuno degli attacchi e i fasci di luce al posto delle Torri Gemelle.
Un ridimensionamento delle celebrazioni che ha scatenato polemiche nonostante i numeri mostrino chiaramente l’impatto della pandemia sulla Grande Mela. Le vittime del virus a New York sono 23.741, quasi nove volte più dell’11 settembre. Ma ad alcuni i numeri non bastano e denunciano come la pandemia sia solo una ‘scusa’ per violare l’impegno al ‘Never Forget’, mai dimenticare, a 19 anni di distanza dallo shock.
Il sogno della rinascita dopo il covid
Le polemiche sulle celebrazioni riflettono una città divisa e in difficoltà. Per ora sogna soltanto di tornare a quello che era, una spumeggiante metropoli al centro del mondo. Per ora resta appunto un sogno. Midtwon è ancora con gli uffici chiusi e appare quasi abbandonata. Così come il Financial District, dove l’assenza dei banchieri si fa notare. L’Upper East Side, il noto quartiere dei ricchi, sta lentamente riprendendo vita dopo mesi di deserto con il rientro in città di alcune famiglie per l’inizio delle scuole. I ristoranti in città possono ancora solo offrire pranzi e cene all’aperto: lo faranno fino al 30 settembre, poi potranno riaprire – con una capacità del 25% al massimo – i loro locali interni. Anche le palestre, riaperte da poco, lavorano a capacità limitata. É necessario prenotarsi settimanalmente per poter accedere alle strutture. I bar sono ancora chiusi e i musei solo su prenotazioni. L’unica isola felice è Central Park, dove tutto è sempre perfetto e sicuro. Il solo luogo in un città che sta registrando un preoccupante balzo dei numeri dei senzatetto e della criminalità.
La strada per tornare a splendere è quindi tutta in salita
Centinaia di migliaia di persone sono fuggite con la pandemia e non è chiaro quante torneranno. Per questo la sfida per New York si presenta ben più difficile di quella del dopo 11 settembre. Tra il lavoro a distanza e i rischi sanitari molti non vedono il motivo o la convenienza di tornare ad abitare in una delle città con le tasse più alte d’America e fra le più care al mondo.