Prove di tregua tra Armenia e Azerbaigian, ancora impegnate sul fronte bollente del Nagorno Karabakh. Sia che Baku che Herevan, hanno confermato che, oggi, i rispettivi ministri degli Esteri saranno a Mosca per i colloqui di distensione fra le parti in causa. A riferirlo a France Presse, il portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Il primo segnale di stemperamento dopo gli scontri ripresi, in maniera estremamente violenta, lo scorso 27 settembre. Da allora, un’escalation progressiva, fatta di attacchi reciproci via terra e anche tramite bombardamento. Un teatro di contesa endemico, circoscritto a un’area autonoma del Caucaso ma potenziale focolaio di tensioni internazionali. Specie dopo la notizia filtrata dell’interessamento turco (alleato storico dell’Azerbaigian) e quello riflesso della Russia, legata all’Armenia dal patto del Csto.
Il bombardamento
Una matassa che il primo tentativo diplomatico, affidato ai ministri degli Esteri Zohrab Mnatsakanyan (Armenia) e Jeyhun Bayramov (Azerbaigian), proverĆ a sbrogliare. PiĆ¹ o meno come accadde nei primi anni Novanta, quando ci fu la vera e propria guerra del Nagorno Karabakh. Stavolta perĆ², anche rispetto alla recrudescenza del conflitto avuta nel 2014, le bordate reciproche sembrano aver superato i livelli di guardia. Solo qualche ore fa, Herevan denunciava il bombardamento di uno dei piĆ¹ importanti luoghi sacri del Paese, laĀ cattedrale di Ghazanchetsots, a Shusha. Una notizia diffusa dai media internazionali ma smentita da Baku. Che, nel frattempo, era stata tacciata dal Ministero degli Esteri armeno di un attacco intenzionale contro i giornalisti del Nagorno Karabakh. “L’attacco azero ai giornalisti che svolgono le loro mansioni professionali in localitĆ popolate e pacifiche ĆØ intenzionale e mira a ostacolare la documentazione e la presentazione alla comunitĆ internazionale dei crimini di guerra commessi dall’esercito azero”. Due giornalisti sarebbero rimasti feriti nell’attacco alla cattedrale.
Nagorno Karabakh, l’alternativa alla tregua
Non esattamente i presupposti giusti per sedersi al tavolo delle trattative. Gli attori primari della contesa comunque ci proveranno. L’alternativa ĆØ proseguire gli scontri senza la certezza di risolvere una diatriba che si trascina ormai dall’epoca post-Sovietica. Con il rischio, del resto, di veder allargare ulteriormente il fronte bellico ad attori internazionali giĆ impegnati su altri scenari geopolitici. Una possibilitĆ finora solo paventata ma che acquisterebbe sostanza se i colloqui per il cessate il fuoco si risolvessero in un nulla di fatto.