Si intensifica il conflitto armato nel Caucaso, dove la contesa sul futuro del Nagorno Karabakh assume toni sempre più aspri. E anche violenti. Nelle ultime ore, infatti, i separatisti avrebbero dato la parola ai missili, bombardando la città di Ganja, roccaforte azera di origine turca e seconda città per importanza del Paese dopo la capitale Baku. Bordate che, secondo quanto riferito dai media, sarebbero avvenuti in risposta all’attacco azero messo in atto contro Stepanakert, capitale dell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh. Uno scenario già visto in tanti contesti di guerra si sarebbe palesato in entrambi i territori, dove la situazione legata al conflitto endogeno fra i due ex Stati sovietici sta lentamente precipitando.
L’intimazione dell’Azerbaigian
La questione al momento è tutta concentrata nello spicchio di territorio caucasico conteso fra Armenia e Azerbaigian. Baku, che punta alla riammissione di parte di quei territori, continua ad accusare i vicini, in una fase in cui l’incombenza dell’intervento turco sembra qualcosa in più di una minaccia. “Interrompete i combattimenti nel Nagorno-Kharabakh – ha intimato il presidente azero, Ilham Aliyev, a Herevan – e chiedete scusa. La leadership dell’Armenia dovrebbe pensare attentamente prima che sia troppo tardi”. Il leader di Baku ha di fatto posto la questione con i toni di un ultimatum, invitando gli armeni a “lasciare i nostri territori, non a parole ma nei fatti“.
La contesa
Lo stallo politico, che non è comunque quello dei combattenti, rischia di trasformare il fronte del Caucaso in una sorta di nuova Libia. Nel quale, dietro i contendenti sul campo, sembrano agire forze di maggior spessore, quali Turchia (diretta alleata di Baku) e Russia (legata all’Armenia dal Collective Security Treaty Organization ma fornitrice di armi anche all’Azerbaigian). “Se si allarga il terreno dello scontro – insistono gli azeri -, colpiremo anche noi dentro l’Armenia”. Intanto la situazione sta diventando critica anche sul piano umanitario. “Vengono distrutti ospedali – ha detto la Croce Rossa -, centinaia di case, scuole, mercati, reti idriche e telefoniche, tubi del gas”. Tutto per colpa di “bombardamenti indiscriminati sui civili da entrambe le parti“.