Prova la sterzata sull’emergenza migranti la Commissione europea, che ha presentato il nuovo Patto su asilo e migrazione. Un dossier anticipato dalla presidente Ursula von der Leyen, che ha parlato di “una soluzione europea” pensata innanzitutto “per ricostruire la fiducia tra Stati membri”. E, nondimeno, per “ripristinare la fiducia dei cittadini nella nostra capacità di gestire come Unione”. Secondo la presidente della Commissione, l’Ue “ha già dato prova in altri settori della sua capacità di fare passi straordinari per conciliare prospettive divergenti. Ora è tempo di alzare la sfida per gestire la migrazione in modo congiunto, col giusto equilibrio tra solidarietà e responsabilità”.
Migranti, oltre il sistema Dublino
Un piano che, come spiegato dalla commissaria Ue Ylva Johansson, si proporrà di tappare le falle del regolamento di Dublino. Ponendo un freno alla norma della responsabilità esclusiva del Paese di primo ingresso. In questo senso, ha spiegato, verranno eliminate le “scappatoie che permettono ai migranti di fuggire e andare a chiedere asilo nello Stato di sua scelta. Questa proposta introduce modifiche che consentono una distribuzione più giusta della responsabilità”.
Il superamento del sistema di Dublino era stato alla base della modifica degli accordi di ripartizione. Che, ora, punteranno su un sistema di ricollocamento più equo: “Abbiamo cancellato il nostro sistema di Dublino – ha spiegato il vicepresidente esecutivo della Commissione Margaritis Schinas – che era qualcosa di simbolico, di un momento di una epoca diversa. Dublino serviva a pochi richiedenti asilo che fuggivano da dittature”. Un sistema che, ha precisato, “non poteva affrontare la sfida della migrazione globale che l’Europa sta affrontando adesso e continuerà ad affrontare in futuro“.
Solidarietà reciproca
Per quanto riguarda il sistema di ripartizione, la commissaria Johansonn ha fatto sapere che “il meccanismo di solidarietà, con i ricollocamenti ed i rimpatri sponsorizzati, scatterà in modo automatico per i migranti che vengono salvati in mare”. Ma precisando che “anche il Paese di sbarco ne dovrà accogliere una parte”. Il senso, secondo Johansson, è far sì che “non ci siano più soluzioni ad hoc” a ogni sbarco. Obiettivo, anche far sì che “ogni Stato membro, senza alcuna eccezione, agisca in modo solidale nei periodi di stress per contribuire a stabilizzare il sistema generale, sostenere gli Stati membri sotto pressione e garantire che l’Unione adempia ai propri obblighi umanitari”.