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MESSICO, IL PAPA AGLI INDIOS: “PERDONO, IL MONDO HA BISOGNO DI VOI”

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L’omelia di Papa Francesco della messa celebrata davanti a decine di migliaia di fedeli indigeni della regione del Chipas, in Messico, si traduce in una richiesta di perdono per le violenze che, nei secoli, queste popolazioni hanno dovuto subire da parte degli invasori occidentali. Una condizione assimilata a quella del popolo d’Israele in Egitto. Esso, ha ricordato il Pontefice, aveva ricevuto la legge per mano di Mosè, “una legge che avrebbe aiutato il Popolo di Dio a vivere nella libertà alla quale era stato chiamato.
Legge che chiedeva di essere luce ai loro passi e accompagnare il peregrinare del Suo Popolo. Un Popolo che aveva sperimentato la schiavitù e il dispotismo del Faraone, che aveva sperimentato la sofferenza e i maltrattamenti, finché Dio disse ‘basta!’, finché Dio disse: ‘non più!’. Ho visto l`afflizione, ho udito il grido, ho conosciuto la sua angoscia”. E lì, ha aggiunto, si manifesta il volto del nostro Dio, il volto del Padre che soffre di fronte al dolore, al maltrattamento, all`ingiustizia nella vita dei suoi figli e la sua Parola, la sua legge diventava simbolo di libertà, simbolo di gioia, sapienza e luce”.

Quando il popolo di Israele, nella Bibbia, viene liberato dalla schiavitù grazie all’intervento di Dio, ha detto il Papa, “si manifesta il volto del nostro Dio, il volto del Padre che soffre di fronte al dolore, al maltrattamento, all’ingiustizia nella vita dei suoi figli e la sua Parola, la sua legge diventava simbolo di libertà, simbolo di gioia, sapienza e luce. Esperienza, realtà che trova eco in quella espressione che nasce dalla sapienza allevata in queste terre fin dai tempi lontani e che così recita nel Popol Vuh: ‘L’alba sopraggiunse sopra tutte le tribù riunite. La faccia della terra fu subito risanata dal sole’. L’alba sopraggiunse per i popoli che più volte hanno camminato nelle diverse tenebre della storia. In questa espressione, ha chiosato il Santo Padre, “c’è un anelito a vivere in libertà, un anelito che ha il sapore di terra promessa, dove l’oppressione, il maltrattamento e la degradazione non siano la moneta corrente. Nel cuore dell’uomo e nella memoria di molti dei nostri popoli è inscritto l`anelito a una terra, a un tempo in cui il disprezzo sia superato dalla fraternità, l’ingiustizia sia vinta dalla solidarietà e la violenza sia cancellata dalla pace”.

In molte forme e molti modi, ha continuato nell’omelia, “si è voluto far tacere e cancellare questo anelito, in molti modi hanno cercato di anestetizzarci l’anima, in molte forme hanno preteso di mandare in letargo e addormentare la vita dei nostri bambini e giovani con l’insinuazione che niente può cambiare o che sono sogni impossibili”. Davanti a queste forme, ha spiegato, “anche il Creato sa alzare la sua voce: ‘Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi”. Per questo, “fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che geme e soffre le doglie del parto'”, ha proseguito Francesco citando la sua enciclica ecologica Laudato si’. “La sfida ambientale che viviamo e le sue radici umane ci toccano tutti e ci interpella. Non possiamo più far finta di niente di fronte a una delle maggiori crisi ambientali della storia. In questo voi avete molto da insegnarci. I vostri popoli, come hanno riconosciuto i Vescovi dell`America Latina, sanno relazionarsi armonicamente con la natura, che rispettano come ‘fonte di nutrimento, casa comune e altare del condividere umano'”.

Molte volte, ha sottolineato il Papa, in modo sistematico e strutturale, “i vostri popoli sono stati incompresi ed esclusi dalla società. Alcuni hanno considerato inferiori i loro valori, la loro cultura e le loro tradizioni. Altri, ammaliati dal potere, dal denaro e dalle leggi del mercato, lo hanno spogliati delle loro terre o hanno realizzato opere che le inquinavano. Che tristezza! Quanto farebbe bene a tutti noi fare un esame di coscienza e imparare a dire: perdono! Il mondo di oggi, spogliato dalla cultura dello scarto, ha bisogno di voi!”.

Rivolgendosi ai giovani, spesso esposti a una cultura che tenta di sopprimere tutte le ricchezze e le caratteristiche culturali inseguendo un mondo omogeneo, li ha invitati a “non perdere la saggezza degli anziani”. Il mondo di oggi, preso dal pragmatismo, “ha bisogno di reimparare il valore della gratuità”. Il Creatore, ha ricordato, “non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto d`amore, non si pente di averci creato” e Gesù “continua a morire e risorgere in ogni gesto che compiamo verso il più piccolo dei suoi fratelli”. Francesco ha incoraggiato i presenti a “essere testimoni della sua Passione, della sua Risurrezione”.

Dopo la messa, Francesco ha pranzato con i rappresentati delle varie comunità indigene che abitano il Messico. Bergoglio si è poi recato in visita alla cattedrale di San Cristobal de Las Casas, dove si è fermato a preghare sulla tomba di monsignor Samuel Ruiz Garcia, vescovo della città, difensore dei diritti delle popolazioni indigene del Messico e dell’America Latina. Nel pomeriggio il Papa tornerà in elicottero a Tuxtla Gutierrez, dove incontrerà le famiglie nello stadio “Victor Manuel Reyna”. Il volo di ritorno per Città del Messico è previsto per le 18.00, con arrivo poco meno di due ore dopo.

In aggiornamento

Fabio Beretta: