Si è aperta a Rimini la 43esima edizioni del Meeting per l’amicizia fra i popoli. Quest’anno il tema scelto è “Una passione per l’uomo“, titolo ispirato dall’intervento al Meeting del 1985 di don Luigi Giussani del quale, nel 2022, ricorrono i cento anni dalla nascita.
La mostra “Sub tutela Dei”
Quest’anno, i partecipanti al Meeting, avranno la possibilità di approfondire la loro conoscenza sul Beato Rosario Angelo Livatino. La mostra, curata da Libera Associazione Forense, Centro Studi Rosario Livatino, Centro Culturale Il Sentiero, prevede un percorso diviso in cinque stanze con testi, video, immagini ed un audio rievocativo. Scopo della mostra è rendere noto al grande pubblico la splendida figura di Rosario Livatino, magistrato siciliano che ha operato per tutta la sua carriera nell’agrigentino. E’ stato ucciso dalla mafia nel 1990 e beatificato il 9 maggio 2021.
Le cinque stanze della mostra
La prima stanza sarà introdotta da una poesia del poeta Davide Rondoni ed evocherà l’agguato e l’uccisione, oltre a ricordare una o più frasi particolarmente significative di Rosario Livatino. Sempre nella prima parte saranno presentate le due associazioni grazie alle quali la mostra è stata pensata e realizzata: la LAF, Libera Associazione Forense e il Centro Studi Rosario Livatino.
La seconda stanza sarà dedicata alla formazione personale di Livatino ed al contesto sociale ed umano in cui è cresciuto e vissuto. Verrà quindi riportata la sua biografia e saranno sviluppati temi centrali quali come l’educazione familiare, in Azione Cattolica ed in parrocchia; il contesto storico in cui è vissuto, con particolare riguardo alla presenza mafiosa; la sua profonda religiosità e la sua grande umanità, che lo portavano ultimamente a rispettare sempre e comunque anche i peggiori malviventi, senza ombra alcuna di giustizialismo. Vi sarà poi un video in cui varie persone, soprattutto parenti e amici, condividono i loro personali ricordi di Rosario Livatino.
La terza stanza sarà invece dedicata alla figura di Livatino in qualità di giudice. Tramite pannelli, immagini ed un video, verrà data anzitutto enfasi alla sua concezione del magistrato quale operatore di giustizia. Verranno, inoltre, spiegati il particolare contesto storico-criminale entro il quale Livatino era chiamato ad operare ed il contesto normativo allora esistente, quando le armi a disposizione degli inquirenti per combattere la malavita in genere, e la mafia in particolare, erano ancora piuttosto spuntate, mancando strumenti fondamentali. Verrà infine esplicitato come al difficile contesto sociale ed alla scarsità di mezzi egli abbia risposto mettendo tutta la sua intelligenza, la sua passione, il suo impegno ed il suo estremo rigore professionale nella ricerca della verità e della giustizia, al servizio del bene comune, tanto da attirare l’attenzione dei mafiosi, che decisero di eliminarlo.
Nella quarta stanza si tratterà del martirio e della beatificazione di Livatino e, con l’occasione, si riferirà anche di Piero Ivano Nava, una persona che è stata testimone chiave nei processi per l’assassinio del giudice e che, avendo scelto di testimoniare contro la mafia, ne ha avuto la vita sconvolta ed è tutt’ora costretto a vivere sotto copertura. Verrà illustrato, in particolare, quale fu il movente specifico che indusse la mafia a decidere di eliminare il giudice Livatino e descritte le modalità esecutive dell’assassinio; verranno, inoltre, ripercorse le varie fasi del processo canonico: dalla fama di martire, all’evidenza che il martirio era avvenuto “in odium fidei”, sino alla cerimonia di beatificazione. Anche qui, avremo un video con la narrazione degli eventi tramite i ricordi dei protagonisti dell’epoca.
Nella quinta stanza, infine, si darà atto dell’eredità lasciataci da Livatino. Dall’importante ruolo della Chiesa nella resistenza alla mafia ad un video di testimonianze di donne e uomini che in vari modi hanno conosciuto ed incontrato (chi fisicamente, chi attraverso i suoi scritti) Rosario Livatino. Inoltre le foto di due lettere, l’una scritta da uno dei mandanti dell’omicidio, Salvatore Calafato, l’altra scritta da uno degli esecutori, Domenico Pace (entrambe commoventi e segno di un pentimento “miracoloso”). Non da ultimo, nella quinta stanza ci sarà anche una teca contenente la più importante reliquia del giudice (la camicia insanguinata che indossava il giorno del martirio), che è stata gentilmente concessa alla mostra dalla Diocesi di Agrigento.