Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha partecipato alla cerimonia d’inaugurazione del nuovo anno scolastico “Tutti a scuola” presso l’istituto di Istruzione Superiore “Curie-Vittorini” di Grugliasco, in provincia di Torino, insieme al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, alle autorità regionali e locali e alle delegazioni di studentesse e studenti, in rappresentanza degli istituti di tutta Italia. Il capo dello Stato, prima di prendere parte alla cerimonia, ha visitato alcuni laboratori, dove gli studenti hanno raccontato le attività svolte, e successivamente ha incontrato una rappresentanza di studenti ucraini ospitati da scuole torinesi.
Il discorso
“L’avvio del nuovo anno scolastico è, sempre, un momento di grande importanza nella vita di un Paese. Un avvio contrassegnato, come ogni anno, da grandi speranze. Il valore della scuola è infatti centrale per la Repubblica. La questione educativa – non sempre valorizzata in misura adeguata – è decisiva per la crescita civile, culturale, sociale ed economica. Non è un caso – lo dicono tutte le indicazioni statistiche – che la crescita economica di un Paese, il suo tasso di occupazione, sono strettamente correlati al grado di scolarizzazione della sua popolazione. E che una società in continuo divenire per il progresso tecnologico e scientifico esige, ed esigerà sempre di più, livelli di cultura e di istruzione altamente qualificati, pena un declino inesorabile e una progressiva marginalizzazione nel contesto internazionale, sempre più competitivo. Ma sarebbe un errore, parlando di scuola, limitarsi soltanto ai pur fondamentali fattori legati allo sviluppo economico, tecnologico e occupazionale. La scuola, l’istruzione, l’educazione sono infatti elementi decisivi per lo sviluppo della personalità umana, attraverso l’approfondimento della conoscenza che si trova alla base di un autentico esercizio delle libertà. Sui banchi di scuola non si formano soltanto tecnici, professionisti, scienziati, imprenditori del futuro. Il percorso di studi, il contatto quotidiano con i coetanei e con i docenti, le esperienze umane e gli incontri irripetibili che avvengono nella scuola, plasmano in modo indelebile i cittadini del domani, chiamati a realizzare una società che sia armoniosa, aperta e solidale, nella quale i diritti fondamentali di ciascuno si contemperano con i doveri nei confronti della comunità. Una buona scuola farà crescere, nella maggioranza dei casi, dei buoni cittadini. Con vantaggi incommensurabili per l’intera società. Investire nella scuola significa quindi costruire un domani più solido, per tutti. E quando parlo di investimenti non mi riferisco soltanto alle risorse finanziarie, che pure sono, ovviamente, assolutamente necessarie. Servono idee, proposte, riflessioni, innovazioni. Bisogna uscire, anche mentalmente, dalle categorie dell’ovvio e dello scontato. Dalla gestione senza respiro o burocratica. Abbiamo bisogno di recuperare entusiasmo, fantasia, coraggio, creatività, capacità di iniziativa. In questi due anni segnati dalla pandemia, con le drammatiche sofferenze che ha provocato e con le limitazioni che ha imposto alla nostra vita, abbiamo maggiormente compreso il valore, anche sotto il profilo umano, della scuola. I nostri ragazzi, alle prese con le chiusure e con la pur necessaria e utile didattica a distanza, sono apparsi sovente disorientati, spaesati, talvolta persino sradicati. E hanno compreso che senza la scuola si sta male, si è dolorosamente più soli. Perché la scuola assicura, a tutti, uno straordinario arricchimento. La scuola è, innanzitutto, libertà. La libertà affonda le sue radici più forti e profonde nella conoscenza. Non si è davvero liberi senza una adeguata cultura – e, aggiungo, senza il confronto tra culture – su cui fondare le proprie scelte di cittadini, di donne e di uomini. La scuola è integrazione. Abitua alla convivenza, al confronto, al rispetto. Nessuna ragazza, nessun ragazzo dentro una classe deve sentirsi escluso. In classe ci si conosce, si stemperano e si superano le disuguaglianze, si vive insieme, si diventa amici. Prima di venire qui ho incontrato in un Istituto un gruppo di studenti ucraini. Sono stati accolti qui, in questa Regione, in fuga da una disumana e disastrosa guerra di aggressione mossa dalla Federazione russa. Rinnovo loro le espressioni di benvenuto in Italia. Il sostegno della gente del Piemonte – e di tutte le altre Regioni del nostro Paese – nei confronti del popolo ucraino e di queste ragazze e di questi ragazzi è stato forte e ammirevole. Ma è proprio nelle scuole, nelle nostre scuole di ogni ordine e grado, che hanno potuto sperimentare il significato più profondo e più autentico del valore dell’amicizia e della solidarietà. Integrare non significa omologare. Integrare vuol dire fare delle differenze una reciproca ricchezza. La nostra scuola ha già la responsabilità dell’istruzione e della formazione di oltre 870 mila allievi di origine straniera. Rappresentano circa il 10% della popolazione scolastica. Quasi due terzi di queste ragazze e ragazzi sono nati in Italia. E vedono il nostro Paese come l’orizzonte della loro realizzazione umana e professionale. Dagli insegnamenti e dall’accoglienza che riceveranno a scuola dipenderà largamente la qualità della loro integrazione nel nostro tessuto sociale. Importante, e spesso decisiva, è la scuola per quelle ragazze e per quei ragazzi con disabilità. Sono persone che esigono forse maggiori attenzioni ma che – in realtà – restituiscono il bene ricevuto contribuendo in grande misura alla crescita umana e civile dei propri coetanei. Il nostro sistema scolastico ha sviluppato negli anni delle efficaci politiche di sostegno. Ma sulle soluzioni che riguardano la disabilità non ci si può adagiare. Servono continue messe a punto e aggiornamenti; e soprattutto concreti e coerenti comportamenti quotidiani. La scuola è legalità. Non è un caso che la piaga dell’abbandono scolastico – che colpisce in particolare alcune regioni – spinga giovani e giovanissimi nell’orbita della criminalità o nelle reti delle bande giovanili. Fenomeni – questi ultimi – che non vanno per nulla sottovalutati. La morte del giovanissimo Alessandro, a Gragnano, ha colpito e commosso la pubblica opinione. Un ragazzo “pulito”, esasperato da angherie, insulti e minacce da parte di coetanei. Una vita spezzata dal bullismo. Fenomeni del genere sono purtroppo diffusi e interrogano non solo il mondo della scuola, ma l’intera società. Esprimo alla famiglia di Alessandro la mia vicinanza. Ma desidero sollecitare una profonda riflessione sui fenomeni del bullismo – e della sua forma telematica, il cyberbullismo – chiedendo un grande impegno per contrastarli con determinazione. E la presenza qui, oggi, del Direttore della Pubblica sicurezza, Capo della Polizia, attesta come questo impegno venga fortemente avvertito. Dobbiamo sforzarci di più per combattere l’abbandono scolastico, i cui numeri sono ancora troppo elevati, inaccettabili per un Paese avanzato come il nostro. Tanti insegnanti si prodigano con passione per ricostruire relazioni con studenti i quali, per vari motivi, finiscono ai margini dei gruppi-classe. Siamo loro riconoscenti per quanto fanno ogni giorno. Impegnarsi per ridurre al minimo l’abbandono scolastico significa anche strappare i giovani da condizioni di marginalità, di sfiducia, da rischi di devianza. La scuola, con il suo innato senso di comunità, è una risposta preziosa a questi problemi, a condizione che non sia lasciata sola, come purtroppo talvolta accade. Non possiamo, infatti, pensare di porre soltanto sulle spalle della scuola e degli insegnanti la totale responsabilità dell’educazione dei ragazzi, specialmente se in famiglia, nel territorio o sui media si respira un’aria di indifferenza o, peggio, si propagano modelli di vita contrari alla solidarietà, all’impegno, alla convivenza. La scuola – come tutte le altre istituzioni – non è una realtà isolata, rinchiusa in sé stessa e impermeabile, ma si nutre del contatto continuo con gli altri versanti della società. Assicurare piena dignità, prestigio e rispetto alla scuola – e, segnatamente, agli insegnanti – è necessario perché possa dispiegare fino in fondo la sua azione formativa. La scuola è un’opportunità. Nel nostro Paese la mobilità sociale sta pericolosamente rallentando. La possibilità di trovare un’occupazione adeguata è sempre più dipendente dalla condizione economica o dal grado di cultura della famiglia di origine. La nostra Costituzione impone di rimuovere gli ostacoli per garantire a tutti una effettiva uguaglianza. La scuola è per tutti e di tutti. Premiare il merito, valorizzare le eccellenze costituisce criterio di grande importanza, ma questo deve accompagnarsi a percorsi formativi davvero accessibili e le condizioni di sostanziale parità devono essere costantemente ricercate e verificate in presenza di mutamenti sociali così veloci. Si tratta dell’autentico diritto allo studio, che va garantito con politiche attive e lungimiranti nel corso del tempo. Cari ragazzi, cari operatori della scuola, cari genitori, l’anno scolastico – che è appena iniziato in molte regioni – reca con sé aspettative e speranze. Si torna a scuola – finalmente sempre in presenza – ed è motivo di sollievo e di entusiasmo. Serve una intensa e larga presa di coscienza collettiva. Dobbiamo dare vita, nella pratica quotidiana, a un grande patto nazionale sulla scuola che coinvolga le istituzioni, le famiglie, i docenti, i cittadini. Può aiutarci a ridurre i divari territoriali, che costituiscono una ferita per il Paese e un freno al suo sviluppo. Perché la scuola è presidio di cultura, di senso civico, di comunità, di socializzazione, in tutti centri territoriali, specialmente in quelli dove la popolazione è meno numerosa e i servizi mancano. Può aiutare le giovani famiglie potenziando gli asili nido. Può farci crescere nella cittadinanza digitale, dentro la scuola e oltre la scuola. È una grande occasione. Irripetibile per la portata degli investimenti. Attuare gli adempimenti, tenere il passo degli impegni assunti, proseguire con tenacia e coerenza sulla strada intrapresa rappresenta la sfida che il bene comune ci richiede. La sfida del Piano di ripresa è tutt’uno con la grande sfida ambientale. Accelerare nello sviluppo significa oggi accelerare nella sostenibilità. Come ci ha drammaticamente ricordato ieri, ancora una volta, quanto è avvenuto nelle Marche, con vittime da piangere, con territori sconvolti, con centri abitati sconvolti. Gli squilibri del pianeta costituiscono sottrazioni di risorse alle generazioni future. Questo è il tempo della restituzione. I giovani sono i più sensibili al tema perché i loro occhi guardano il domani. I valori della nostra Costituzione si riflettono e devono esprimersi nel mondo scolastico. Per questo esprimo l’augurio che la scuola – con i suoi problemi e con la sua ricchezza – venga costantemente collocata al centro della riflessione nazionale. La condizione di uno Stato si misura nella sua capacità di dare risposte tempestive ai bisogni dei cittadini; e, ancor di più, nella sua capacità di progettare il futuro. E il nostro futuro – il futuro della nostra Italia – ha il volto sorridente di queste ragazze e di questi ragazzi. Buon anno scolastico, allora. Buona scuola a tutti!”.