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Mattarella: “Indispensabile una cultura della pace”

Nel discorso di fine anno, il Capo dello Stato fa appello alla partecipazione alla vita sociale e al rifuggire la logica della violenza

“Non possiamo distogliere il pensiero da quanto accade intorno a noi, alla violenza nelle scene di vita quotidiana”. È l’invito del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno, nel quale affronta le principali tematiche non solo del 2023 ma del tempo presente. C’è la violenza delle guerre che richiama l’attenzione della Comunità internazionale. “Le devastazioni che vediamo nell’Ucraina, la terribile ferocia terroristica di Hamas, ignobile oltre ogni termine”. Ma anche “la reazione israeliana, che provoca vittime e sfollati”. Perché, ricorda il Capo dello Stato, “ogni guerra genera odio” in quanto “frutto del rifiuto dei popoli di riconoscersi come uguali”.

Mattarella: “Spazio alla cultura della pace”

C’è un problema di fondo, avverte Mattarella. Perché “si cerca di giustificare questi comportamenti rifiutando la civiltà umana”, senza considerare le “vite spezzate, una generazione perduta” provocata da tali violenze. Un atteggiamento ancor peggiore, in quanto “tutto questo accade vicino a noi, nel cuore dell’Europa e sulle rive del Medoterraneo. La guerra non nasce da sola. Nasce da quel che c’è negli animi degli uomini”. Per questo, avverte il Presidente, è “indispensabile fare spazio alla cultura della pace. È il più urgente e concreto esercizio di realismo. Per porre fine alle guerre occorre che la pace venga perseguita dalla volontà dei governi”. Soprattutto, riconoscere le guerre non come abitudine ma “come eccezione da rimuovere”.

Dono e gratuità

Del resto, “perseguire la pace vuol dire respingere la competizione permanente fra gli Stati, che mina alla base una società basata sul rispetto delle persone”. È indispensabile che la pace sia percepita come “vivere bene insieme, riconoscendo le ragioni e la dignità dell’altro”. Aprire gli occhi sulle violenze significa osservare ciò che ci circonda perché “anche nel nostro Paese incontriamo la violenza“. A cominciare da “quella più odiosa nei confronti delle donne”. Ai giovani, Mattarello ricorda che “l’amore non è egoismo, dominio. È dono, gratuità. Le discriminazioni e l’odio nella rete, l’espressione di rabbia, il senso di abbandono delle periferie, la pessima tendenza di individuare nemici: criticità da combattere con un operato quotidiano per la società, esercitando diritti e doveri.

La cultura dello scarto

Un contrasto alle iniquità sociali che coinvolge anche la “mancanza del lavoro o con retribuzioni inadatte, la differenza nelle cure sanitarie per tutti, la sicurezza della convivenza che lo Stato deve garantire”. Anche per i giovani emerge “un disorientamento che nasce nel vedere disattese le loro aspettative, a cominciare dalla crisi climatica”. Il rischio è che restino “isolati coloro vittime della cosiddetta cultura dello scarto, così ben descritta da Papa Francesco”.

Una rivoluzione umana

“Non dimenticare gli anziani, dei quali si ha bisogno per la loro saggezza e per il contributo alla Nazione”, ma anche “rendere effettiva la parità fra donne e uomini, anche nei ruoli familiari, saper leggere direzione dei cambiamenti”: sono passaggi indispensabili per il vivere civile. Con uno sguardo prudente ai cambiamenti, affinché la rivoluzione tecnologica “resti umana, che veda nella persona e nella sua dignità il pilastro fondamentale”.

Uniti siamo forti

La democrazia, ha ricordato Mattarella, “è fatta dell’esercizio della libertà. È un dovere partecipare alle scelte della comunità ma anche un diritto, per farsi carico della propria società. Ascoltare, partecipare, cercare con determinazione e pazienza l’unità della Repubblica come modo di essere”. Sempre nel concetto di unità perché, ha concluso il Capo dello Stato, “è uniti che siamo forti”.

 

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