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Marò, l’ira delle mogli: “Per la politica italiana siamo stati carne da macello”

Paola Moschetti, moglie di Massimiliano Latorre, e Vania Ardito, moglie di Salvatore Girone, commentano la chiusura dei procedimenti decisa dalla Corte Suprema indiana

“Quello che so è che per la politica italiana siamo stati carne da macello. Presto Massimiliano si presenterà alla procura di Roma”. Così Paola Moschetti, moglie di Massimiliano Latorre, nel commentare a caldo all’Ansa la decisione della Corte Suprema indiana che oggi ha ordinato la chiusura dei procedimenti a carico del marito e di Salvatore Girone.

“Da 9 anni sono costretta a parlare a nome di mio marito. A lui è stato fatto esplicito divieto di parlare pena pesanti sanzioni. Non può nemmeno partecipare a qualsiasi manifestazione pubblica. È vincolato al segreto. È ora di chiedersi perché le autorità militari vogliano mantenere il segreto su ciò che sa e vuol dire.

Vania Ardito (d), moglie di Salvatore Girone, e Paola Moschetti, compagna di Massimiliano Latorre, in sala stampa a Sanremo per sensibilizzare sulla situazione dei due marò detenuti da oltre due anni in India, 18 febbraio 2014.
ANSA/CLAUDIO ONORATI

Moglie Girone: “Sacrificati alla sottomissione indiana”

“Interessante leggere i ringraziamenti del Ministro Di Maio nei confronti di chi ha lavorato sodo, ma prima di tutti è importante ringraziare i due soldati che si sono sacrificati alla sottomissione indiana per tanti anni che mai più gli saranno restituiti”. Lo dice sempre all’Ansa Vania Ardito, moglie del fuciliere di Marina Salvatore Girone.

“Abbiamo appreso ufficiosamente la notizia – prosegue la moglie del fuciliere – finalmente si è concluso un caso che si sarebbe dovuto concludere in nove giorni ma ci sono voluti più di nove anni. Aspettiamo di ricevere notizie ufficiali per conoscere nei dettagli gli esiti della sentenza ancora oscuri. Adesso – conclude – auspichiamo in una rapida risoluzione per la conclusione definitiva del caso in Italia”.

Il legale di Latorre: “A pm sua verità, no segreto militare”

“A Massimiliano è stata sempre negata la possibilità di dire la sua verità e la sua versione dei fatti, ma a breve Massimiliano potrà essere sentito dai pm della Procura di Roma, nei confronti della quale abbiamo la massima fiducia, e lì non ci sarà nessun segreto militare che tenga”, ha commentato sempre all’Ansa l’avvocato Fabio Anselmo, legale del fuciliere di Marina Massimiliano Latorre.

“Se non si vuole che Massimiliano parli pubblicamente – prosegue Anselmo – evidentemente non si vuole che dica quello che sa, e bisognerebbe chiedersi il perché: io me lo chiedo. Di sicuro una cosa adesso è cambiata, abbiamo un procedimento a Roma e potete stare certi che con i pm romani parlerà“.

Anselmo – noto alle cronache anche perché è il legale della famiglia di Stefano Cucchi – ricorda che la richiesta di consentire a Latorre di parlare pubblicamente fu fatta “ai vertici militari” che la “negarono nonostante l’allora ministro della Difesa Guerini sostenne che non vi erano motivi di mantenere il segreto militare”.

“Vivere questi nove anni col bavaglio, quando tutti parlano di te e strumentalizzano la tua vicenda e il tuo dramma, in un limbo in cui vengono istruite indagini o procedimenti che ti vedono di fatto estraneo – conclude il legale – non è una vita facile”.

I Pm Roma di interrogheranno i marò nelle prossime settimane

Verranno ascoltati nelle prossime settimane in Procura, a Roma, i due marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone accusati di omicidio volontario per la morte due pescatori in India nel 2012.

Il procedimento è affidato al sostituto procuratore Erminio Amelio, che in questi mesi ha analizzato gli atti inviati dal Tribunale internazionale dell’Aja – che nel luglio del 2020 ha deciso in favore dell’Italia la competenza giurisdizionale – per poi procedere alla conclusione delle indagini che potrebbe arrivare in estate.

I due fucilieri della Marina (qui la loro storia) furono ascoltati dai pm capitolini una prima volta 3 gennaio del 2013 quando fecero ritorno in Italia per alcuni giorni. Sempre nel 2013 su incarico della Procura fu effettuata anche una perizia sul computer e su una macchina fotografica che si trovavano a bordo della Enrica Lexie, la nave dove erano in servizio i due militari.

 

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