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Il lupo “sentinella” della contaminazione ambientale da antibiotico resistenza

Il recupero e la riabilitazione di esemplari di lupo nelle aree protette possono essere un utile strumento per acquisire dati riguardo alla contaminazione ambientale da antibiotico resistenza e dunque per tutelare la salute dell’uomo. E’ quanto emerge da un nuovo lavoro che, pubblicato sulla rivista scientifica “Antibiotics”, mette in risalto le attività del Wildlife Research Center del Parco Nazionale della Maiella e del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Teramo.

Il lupo

L’antibiotico resistenza è una delle questioni all’attenzione dell’Organizzazione mondiale della Sanità; grazie ai risultati di questo studio, simile a quello già svolto sul camoscio che vive nelle stesse aree, la specie lupo appenninico ora potrà essere considerata un’ottima sentinella a tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente. I risultati descritti nell’articolo hanno come protagonisti individui di lupo appenninico che, dopo incidenti o attività illegali, sono stati recuperati e riabilitati dall’Ufficio Veterinario del Parco.

“Una risorsa”

“Negli anni il rapporto tra uomini e lupo è profondamente cambiato – spiega il responsabile dell’Ufficio Simone Angelucci – In alcuni casi questo rapporto esprime criticità e preoccupazioni, in altri questa specie può rappresentare una risorsa per comprendere meglio lo stato di salute dell’ambiente e dell’uomo“. Tra le indagini condotte, sottolinea la professoressa Cristina Di Francesco dell’Università di Teramo, vi sono quelle relative alla presenza di batteri resistenti agli antibiotici. “La novità di questo ritrovamento è la resistenza ad antibiotici considerati di importanza critica in medicina umana nei batteri che sono stati isolati. Questa tipologia di antibiotici non viene applicata in ambito veterinario e include molecole considerate fra le ultime disponibili realmente efficaci nei confronti di infezioni particolarmente ostiche in ambito ospedaliero”. La presenza nel lupo, “che in quanto animale selvatico a vita libera non viene trattato mai con antibiotici se non in casi estremamente eccezionali come in fasi di recupero o pronto soccorso, è un’importante indicazione della contaminazione da batteri resistenti presente in ambiente”.

Fonte Ansa

redazione

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