L’unità di misura dell’amore di Dio

A sinistra mons. Francesco Massara. A destra: Foto di Gaby Stein da Pixabay

Riportiamo in forma integrale l’articolo tratto da L’Osservatore Romano, firmato da Marco Chiani, che racconta la Via Crucis del Circolo San Pietro al Colosseo che si è svolta venerdì 22 marzo. La celebrazione è stata presieduta dall’arcivescovo Francesco Massara, ordinario dell’arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche e della diocesi di Fabriano-Matelica. 

La Via Crucis

Mamme che accudiscono i figli disabili, papà che lavorano duramente e lottano ogni giorno per assicurare un futuro ai loro bambini, persone che hanno il coraggio di fare scelte oneste in situazioni di grande disonestà: sono quelli che Papa Francesco chiama “i santi della porta accanto”, il cui esempio è stato riproposto ai soci del Circolo San Pietro durante la messa di ieri sera, venerdì 22 marzo, al termine della tradizionale Via Crucis del sodalizio romano al Colosseo.

Presieduta dall’arcivescovo Francesco Massara, ordinario dell’arcidiocesi di Camerino – San Severino Marche e della diocesi di Fabriano-Matelica, la celebrazione ha riunito volontari del Circolo San Pietro con famigliari, benefattori e amici, guidati dall’assistente ecclesiastico, monsignor Franco Camaldo, e dal presidente Niccolò Sacchetti. Dopo aver sfilato processionalmente all’interno dell’anfiteatro, i partecipanti si sono raccolti per l’Eucaristia nella chiesa di Santa Maria della Pietà, affidata all’antico sodalizio dal 1936. «I santi — ha detto il presule all’omelia — sono uomini e donne che sembra abbiano vissuto in un altro mondo quando invece hanno vissuto solo in un altro modo: seguendo Cristo e il suo Vangelo nella vita di tutti i giorni».

Commentando le letture, monsignor Massara ha esordito spiegando che «quando la tentazione di ripagare con la stessa moneta chi trama il male contro di noi diventa più ricorrente, come Gesù abbiamo bisogno di prendere la giusta distanza e ritirarci “al di là del Giordano”», laddove egli «aveva iniziato: lì aveva maturato la sua vocazione». Attualizzando la riflessione, il celebrante ha spiegato che «anche per noi c’è un “Giordano”: un luogo-memoria della nostra identità più vera, che rammenti le motivazioni verso cui abbiamo scelto di orientare la vita. Quel luogo è il nostro Battesimo: lì ci è rivelata la nostra verità più grande, la nostra dignità di figli di Dio grazie alla quale, giorno dopo giorno, ci si riconosce fratelli e figli di quel Dio che ci ha creati per compiere le sue opere. Lì, il Padre ci ha offerto suo Figlio perché i nostri passi trovassero orme da seguire».

Infine l’arcivescovo ha indicato ai presenti «una guida per riconoscere i santi»: da quelli invocati dai fedeli nella preghiera a quelli che, come insegna il Pontefice, «vivono una santità ordinaria, silenziosa e nascosta, ma non meno eroica», in ognuno dei quali «riconosciamo le opere buone che Dio suscita per salvare tutto il buono che c’è nel mondo».

Anche durante la Via Crucis, il presule aveva offerto una meditazione, incentrata sul mistero della croce che rivela dove poter incontrare Dio. «Quando pensiamo di aver toccato il fondo, quando pensiamo che non c’è più niente e nessuno per noi — ha detto — dobbiamo ricordarci che un passo oltre la nostra solitudine c’è Gesù. È Lui che ha scelto quel posto per mettere un argine alla nostra disperazione. La croce che abbiamo contemplato è l’immagine di Dio più pura, più alta, più bella della nostra fede; qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato una falsa idea di Dio. Solo la croce toglie ogni dubbio: lui è con me, fino all’estremo, per sempre. Chi vuole allora conoscere Gesù deve guardare dentro la croce, dove si rivela la sua gloria; perché il crocifisso non è un oggetto ornamentale o un accessorio di abbigliamento a volte abusato, ma è un segno da contemplare e comprendere; perché essere in croce e ciò che Dio, nel suo amore, deve all’uomo che è in croce. La croce diventa così l’unità di misura dell’Amore di Dio».

Da L’Osservatore Romano

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