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L’ITALIA SI SGRETOLA

Ore 03.32 del 6 aprile 2009, un gorgoglio sommesso sale dalle viscere della terra e arriva in superficie. L’Aquila viene scossa da un violento sisma, i palazzi si sbriciolano, le strade si squarciano e la morte si diffonde, spezzando la quiete di quella che avrebbe dovuto essere una normale notte di primavera. L’Italia si sveglia dal suo torpore, non soltanto per il terribile bilancio di 309 morti, 1.600 feriti e 80mila sfollati, ma anche per le parole dei geologi impegnati, nelle ore successive, a fornire una spiegazione della catastrofe che ha trafitto il cuore dell’Abruzzo: “Abituiamoci all’idea di essere seduti su un drago addormentato”. Il mostro in questione è la dorsale appenninica, la colonna vertebrale dello Stivale, che si estende da nord a sud, situata sotto una zona di collisione tra la placca tettonica africana e quella euroasiatica. Una bomba a orologeria piazzata a pochi chilometri da centinaia di migliaia di italiani e responsabile dei più disastrosi eventi tellurici degli ultimi 30 anni: Marche e Umbria (1997), Puglia e Molise (2002) ed Emilia Romagna (2012). Simbolo di un Paese da sempre ostaggio di forze naturali implacabili e letali.

Ma non c’è solo il rischio tellurico a turbare i nostri sonni. La terra non uccide solo se trema ma anche quando cede o viene travolta dalle acque. Secondo i dati diffusi dal Centro nazionale di ricerca fra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2014 si sono avuti, a causa di frane e inondazioni, 33 morti e 46 feriti e oltre 10.000 persone hanno dovuto abbandonare temporaneamente le loro abitazioni. In totale sono stati colpiti 220 centri urbani in 19 delle 20 regioni italiane. L’area più falcidiata da questi fenomeni è stata il nord ovest: in cima alla classifica c’è la Liguria (5 morti in 34 comuni e 71 località), che ancora conta i danni delle alluvioni di gennaio, ottobre e novembre, seguita da Piemonte (2 vittime e 48 territori coinvolti), Lombardia (6 decessi nelle 42 zone interessate), Emilia Romagna e Toscana. La città più flagellata è stata Genova, mentre il record di morti spetta a Refrontolo, piccolo centro del trevigiano dove l’esondazione del torrente Lierza a Molinetto della Croda ha spezzato la vita di quattro persone e provocato 20 feriti. “Lo studio conferma purtroppo quanto siano diffuse le condizioni di rischio per la popolazione – ha spiegato Fausto Guzzetti, direttore dell’Irpi Cnr – e contribuiscono a comprendere come esse aumentino o diminuiscano in funzione dei cambiamenti climatici ma anche di quelli ambientali e sociali”.

Il tragico quadro si completa con i numeri degli anni precedenti: 50 vittime nel 2009 per gli stessi fenomeni, 43 nel 2011, 15 nel 2012 e 27 nel 2013; in totale, negli ultimi 6 anni i decessi sono stati almeno 168, cui si associano i danni a strutture e monumenti, cui lo Stato deve far fronte. Una situazione impensabile per un Paese normale, cosa che l’Italia, ancora una volta, mostra di non essere. Perché se la natura è imprevedibile l’uomo dovrebbe cercare quanto meno di non agevolarne la potenza distruttiva. All’Aquila trovarono stabili costruiti con la sabbia di mare mentre a Genova non sono bastati due diluvi per spingere l’amministrazione locale a varare un piano in grado di prevenire le emergenze.

Ma perché in Giappone un’edilizia avveduta e all’avanguardia riesce a far fronte a terremoti devastanti mentre da noi bastano eventi minori per dare il là alla conta di morti e dispersi? La risposta è semplice e terribile nello stesso tempo: malaffare, corruzione, speculazione. Un rapporto dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) diffuso in estate ha lanciato l’ennesimo allarme su un’edificazione selvaggia; ogni 5 mesi in Italia viene cementificata una porzione di territorio pari al comune di Napoli. Il tutto avviene (in buona parte dei casi) senza tener conto dei rischi con il risultato che case, scuole e quartieri si trovano sempre più spesso in zone da bollino rosso. Non solo ma, secondo il “Rapporto sullo stato del paesaggio alimentare italiano” del Corpo forestale dello Stato ed Eurispes presentato lo scorso febbraio, negli ultimi 12 anni la situazione è addirittura peggiorata da un punto di vista sismico e idrogeologico. Un quadro che richiede interventi urgenti da parte dello Stato, o ai cittadini non resterà altro che pregare.

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