Sindaci che fanno i regali di Natale con i soldi pubblici, militari che organizzano finti incidenti per prendere i rimborsi, impiegati statali che si mettono d’accordo per effettuare strisciate di badge con colleghi compiacenti mentre non si è sul posto di lavoro, professori che prendono soldi per “aiutare” durante l’esame di maturità. E’ l’Italia che non funziona, quella dei furbetti, dei sotterfugi, delle piccole truffe; un Paese specchio di una politica arruffona e infedele, che inevitabilmente ritrae chi la vota. Non stiamo parlando di un ricordo lontano nel tempo, ma di una serie di sentenze della Corte dei Conti emesse nel dicembre appena passato, da Nord a Sud. Il malaffare è ancora ben lungi dall’essere estirpato, a tutti i livelli. E spesso a cercare di raggirare la pubblica amministrazione è proprio chi è deputato al controllo: dipendenti del settore tributario o persino finanzieri. E’ evidente che sarebbe sbagliato fare di tutta un’erba un fascio, ma è un fatto che ancora oggi il Belpaese sia vittima di questo sistema.
Come nel caso di due finanzieri in Veneto (sentenza 153/2014), accusati di diserzione e truffa militare. In sostanza mentre erano a bordo di una Mercedes venivano urtati lievemente dall’auto della fidanzata di uno dei due. Immediata la corsa in ospedale per farsi refertare un “trauma distorsivo rachide cervicale”, patologia poi lamentata anche successivamente nelle visite mediche dove i due accusavano dolori e giramenti di testa. Peccato che le indagini abbiano scoperto che non solo nessuno dei due avvertisse alcun dolore al di fuori delle visite necessarie a prendere giorni di malattia (e ovviamente non portasse il collare fondamentale nel caso in cui questi traumi fossero reali), ma trascorrevano le proprie serate in bar, locali notturni e sale da gioco; luoghi certamente non adatti a chi fosse realmente in sofferenza.
Passando in Liguria accade che nella Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia alcuni impiegati e un dirigente (sentenza 237/2014) facessero risultare falsamente la propria presenza in ufficio mediante la timbratura del cartellino personale, in modo da farsi pagare come lavorate ore invece trascorse all’esterno. E mica per poco: circa 50.000 euro di danno erariale.
Stessi guasti al Nord come al Sud. La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Campania ha infatti condannato un’insegnante (sentenza 2101/2014) colpevole di aver percepito – insieme ad altri colleghi – somme di denaro da candidati alla maturità, provocando ovviamente una grave danno all’immagine stessa dell’istituzione scolastica. Le cifre da pagare per passare l’esame variavano dai1400 euro ai 5200, fatto passare spesso per lezioni private.
Infine il caso, sempre in Campania, accaduto a Castellammare di Stabia dove il danno erariale (sentenza 2101/2014) si è consumato per l’acquisto di panettoni, confezioni regalo e penne stilografiche mai effettivamente donate o in qualche modo regalate agli stessi politici del Comune.
Quattro episodi diversi, tutti arrivati a sentenza proprio a ridosso del 2015, a testimoniare come il vizietto di fare i furbi sia ancora ben radicato nel tessuto sociale italiano, ad ogni latitudine. Un sistema-Paese che per fortuna è costituito anche da moltissime persone oneste e lavoratrici, ma minato dall’interno da queste “abitudini” che, come un virus, hanno portato lo Stato verso il collasso.