Le bandiere nere dell’Isis sventolano a pochi chilometri da Damasco. La capitale siriana, una delle città più antiche del mondo, si prepara a un assedio decisivo, che potrebbe drasticamente cambiare gli equilibri nel medio oriente. Tutto è iniziato con l’invasione del campo profughi palestinese di Yarmuk, situato nella vasta periferia della metropoli. Una zona strategica che ha consentito al Califfato di sferrare una spietata offensiva per la conquista del centro urbano.
Gli attivisti già tracciano un primo bilancio dell’attacco, che avrebbe portato alla decapitazione di 9 militanti palestinesi che tentavano di difendere il centro. Marchio di fabbrica dell’orrore portato dagli uomini di Al Baghdadi in tutti i Paesi nei quali hanno espanso i loro dominio. Secondo quanto riportato da fonti locali determinate per le sorti del conflitto potrebbe essere l’inusuale alleanza dell’Isis con i qaedisti di Al Nusra, ostili al regime di Assad. E’ presto per dire se si tratti di un passo in avanti verso un’adesione del gruppo terroristico che fu di Osama Bin Laden al Califfato paventata la scorsa settimana. Di sicuro ora c’è solo che con questo asse la potenza di fuoco dello Stato Islamico in Siria è aumentata a dismisura, rendendo possibile la penetrazione verso le zone strategiche di Damasco, sulla quale presto potrebbe sventolare la bandiera nera. Gli scontri per il controllo del campo profughi, che ospita circa 18 mila civili, sono iniziati mercoledì; da una parte le milizie dell’Isis, dall’altra i gruppi palestinesi nemici di Assad.
Secondo uno degli attivisti locali, Hatem al-Dimashqi, i combattimenti sono proseguiti anche ieri mattina. Schiacciati dai due fronti, cui si è aggiunto quello governativo che avrebbe usato bombe a barile nel campo per cercare di respingere gli jihadisti, migliaia di rifugiati, tra cui donne, anziani e bambini. Fra l’altro sempre in Siria, stando a quanti riferito dall’emittente panaraba libanese almayadeen, al Nusra avrebbe sequestrato 300 curdi nella zona di Dana, nella periferia di Idlib. Così come in Libia, dunque, l’instabilità politica e una guerra civile sanguinaria in Siria hanno finito con l’agevolare le truppe del Califfo e le milizie dei gruppi fondamentalisti, sempre più vicini ad Israele e al Mediterraneo.