L’inquinamento dell’aria, in particolare quello causato dal traffico, soffoca i vasi che portano il sangue al cuore e può provocare l’infarto, anche in persone che hanno le coronarie “sane”. A dimostrare, per la prima volta, che l’aria inquinata può danneggiare anche chi non soffre di aterosclerosi, aumentando fino a 11 volte il rischio di incorrere in un’ischemia, è uno studio della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs e Università Cattolica di Roma, presentato al congresso della Società Europea di Cardiologia (Esc) a Barcellona e pubblicato su Journal of American College of Cardiology.
Rischio “infarto da aria inquinata”
La ricerca, firmata Rocco Antonio Montone e Filippo Crea, dimostra che l’inquinamento, soprattutto quello da particolato fine (PM2.5), è in grado di provocare uno spasmo delle coronarie (i vasi che nutrono il muscolo cardiaco) che “taglia’ il flusso di sangue al miocardio, determinando la morte del muscolo cardiaco. La conseguenza è che è rischio a “infarto da aria inquinata” anche chi ha le coronarie apparentemente sane.
Lo studio
“Abbiamo studiato il fenomeno – spiega il dottor Montone, dirigente medico presso la Uoc di terapia intensiva cardiologica del Gemelli – su 287 pazienti di entrambi i sessi, di età media 62 anni; il 56% di loro era affetto da ischemia miocardica cronica in presenza di coronarie sane, ovvero non caratterizzate da placche di aterosclerosi, mentre il 44% aveva addirittura avuto un infarto a coronarie sane. La loro esposizione all’aria inquinata è stata determinata in base al domicilio. Tutti sono stati sottoposti a coronarografia, nel corso della quale è stato effettuato un test “provocativo” all’acetilcolina, che è risultato positivo nel 61% dei pazienti; la positività è risultata molto più frequente tra i soggetti esposti a aria inquinata”.
Le ipotesi
Tra le ipotesi, vi è quella che l’esposizione al particolato fine determini uno stato di infiammazione cronica dei vasi, con conseguente disfunzione dello strato di rivestimento della parete interna dei vasi (endotelio). “Alla luce dei risultati – sottolinea il professor Crea, ordinario di Malattie dell’apparato cardiovascolare alla Cattolica – limitare l’esposizione all’inquinamento ambientale potrebbe ridurre il rischio residuo di futuri eventi cardiovascolari”.