E’ già accaduto, anche in altri contesti. Ma ogni volta che accade si aggiunge una ferita sul volto dell’umanità. Il quadro geografico stavolta è quello della Libia, teatro di un conflitto endemico eppure cruciale nello scacchiere geostrategico mediterraneo, ma anche atroce porto di partenza di chi tenta la via delle rotte migratorie. A Tarhuna, città a circa 80 chilometri da Tripoli, una delle aree riconquistate dalle forze che sostengono il governo riconosciuto di Fayez al-Serraj, sono state rinvenute alcune fosse comuni. “Un orrore” lo hanno definito le Nazioni Unite, la testimonianza di un massacro che, per ora, non sarebbe nemmeno quantificabile: “Sono stati estratti due cadaveri – ha riferito Lutfi Tevfik Misrati, funzionario libico della Tripolitania –. Ma l’area è piena di corpi. Riteniamo ci siano tra i dieci e i 12 corpi in un’altra fosse comune. Ne sono state trovate in cinque o più punti”.
L’orrore
Una nuova prova di quanto il conflitto libico stia segnando la popolazione dello Stato nordafricano, stretta nella morsa dell’avanzata, alterna, prima dell’una poi dell’altra fazione, sospinte da forze alleate che alla Libia guardano in un’ottica strategica. Non è il primo ritrovamento di fosse comuni sul territorio. L’ultimo caso nemmeno troppi giorni fa, sempre a seguito della riconquista di Tarhuna da parte delle forze di Tripoli: 110 corpi di civili ammassati all’interno dell’ospedale cittadino. Fra loro anche donne e bambini. Uno dei tanti orrori che i militari di Serraj starebbero rinvenendo nella città che, per mesi, è stata in mano alle forze fedeli al generale Haftar, in particolare alla cosiddetta “Nona brigata al-Kaniat”, considerata alla stregua di una banda criminale.
Indagini a Tarhuna
La missione Onu in Libia, nel frattempo, ha già chiesto l’avvio di un’indagine per far luce sulle morti sospette nell’area di Tarhuna, tornata in mano a Tripoli e roccaforte più avanzata riconquistata dalle forze filogovernative, mentre la Nona brigata al-Kaniat sembra aver ripiegato nella zona di Jufra: “Accogliamo con favore la decisione odierna – ha fatto sapere l’Unsmil – di istituire un comitato per esaminare questo aspetto e invitiamo i suoi membri a intraprendere prontamente il lavoro volto a proteggere le fosse comuni, identificare le vittime, stabilire le cause di morte e riportare i corpi ai parenti prossimi”.