“Yes, I just shot John Lennon”. La risposta al custode del Dakota Building, che gli chiese se mai si rendesse conto di cosa avesse fatto, fu glaciale. Eppure Mark David Chapman, colui che sparò quei colpi di pistola fatali contro il fondatore dei Beatles, la pronunciò con gelida consapevolezza e indifferenza, mentre il cantante giaceva steso davanti al portone d’ingresso dello stabile dove viveva. Lì Chapman, all’epoca venticinquenne, attese l’arrivo della Polizia sfogliando il suo The Catcher in the Rye, meglio noto come “Il giovane Holden”. Quarant’anni dopo il delitto, John Lennon è ancora un mito, simbolo di un’intera generazione e icona eterna della musica internazionale. Chapman, invece, sconta ancora il suo crimine, con alle spalle ben undici richieste di libertà condizionata negate. E, dopo quarant’anni, chiede scusa alla vedova Lennon, Yoko Ono.
Le scuse di Chapman
L’ex leader della Plastic Ono Band non ha mai perdonato l’omicida di suo marito. Un assassinio deliberato commesso, come peraltro ammesso dallo stesso Chapman, per ottenere notorietà. Lui che, ammetterà, si sentiva simile al personaggio del romanzo che decise di portare con sé a New York. Un gesto futile, oltre che brutale, come ora lo definisce: “Voglio solo ribadire che mi dispiace per il mio crimine – ha detto nell’ultima udienza per la scarcerazione -, non ho scuse, è stato fatto per auto-celebrazione”. Chapman ha ribadito di aver ucciso Lennon perché “era estremamente famoso“, non “per il suo carattere o il tipo di uomo che era”.
“Devastazione al mondo intero”
Ammissioni insufficienti a convincere i giudici. Il mese scorso, la richiesta di libertà condizionata è stata negata, com’era già accaduto dieci volte dall’anno 2000, quando erano trascorsi i primi vent’anni di carcerazione. “L’ho assassinato perché era molto, molto, molto famoso e io ero molto, molto, molto alla ricerca di glorificazione, molto egoista”. Dicendosi infine “dispiaciuto per il dolore che ho causato, ci penso tutto il tempo”. Yoko Ono, in questi anni, si è sempre detta contraria al rilascio di colui che ha ucciso suo marito, temendo che possa fare lo stesso con lei e coi suoi figli. Chapman potrà ripresentare la domanda fra due anni. Nel frattempo, restano decisive le parole dei giudici, secondo i quali il suo “atto violento ha causato devastazione non solo alla famiglia e agli ex membri della band ma al mondo intero”.