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LE ACQUE TORBIDE DELLA CONCORDIA

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“Francesco Schettino, ti do 6 giorni per dire la verità su quello che è successo immediatamente dopo l’annuncio di abbandono della nave. Solo 6 giorni”. Con questo ultimatum la moldava Domnica Cemortan  ritorna sulla tragedia della Concordia che ha contato 32 vittime nello specchio d’acqua davanti all’Isola del Giglio. Ma c’è chi quei momenti non li può dimenticare.

La storia di Daniele, un parrucchiere romano di 35 anni. Il 13 gennaio del 2012 sale a bordo del Costa Concordia dal porto di Civitavecchia. Assieme a una sua collega deve unirsi al gruppo di parrucchieri che partecipano alla selezione di un talent televisivo. É ora di cena, non c’è stato il tempo per l’esercitazione di benvenuto a bordo a cui i passeggeri devono assistere per conoscere le norme. Le pietanze sono già sul tavolo. Il tempo di riempire i bicchieri e un forte boato prende tutti di sorpresa. Che sará stato mai? Un attimo dopo le luci si spengono. Beh se si tratta di una presentazione dell’equipaggio è fatta davvero col botto. Ora si accenderà l’occhio di bue che illuminerà la sagoma del comandante.

Macché, non si accende nessuna luce. Tutto si muove, gli oggetti camminano. Anzi volano. Bicchieri e piatti dal piano di sopra del ristorante precipitano giù. Anche i tavoli e le sedie si lanciano nel vuoto come schegge impazzite. Oddio che sta succedendo? Nessuno che dice niente. La gente comincia ad avere paura. I pianti isterici dei bambini si mischiano con le grida dei presenti, facendo eco al dramma. Attimi di paura che si trasformano in panico quando un lato della nave comincia ad abbassarsi. La Concordia sta affondando. Bisogna andare sui ponti per salire sulle scialuppe. I filippini a bordo, che si mettono a protezione dei mezzi di salvataggio, vengono picchiati e assaliti dalla folla. Loro aspettavano l’ordine del comandante. Che però non è arrivato.

La gente è in preda al raptus. Anche Daniele dopo un po’ riesce a salire su una scialuppa, ma la sua rimane sospesa nel vuoto sopra il ponte. Non conosce il motivo. Deve scavalcare per ritornare sul ponte. Nel suo percorso si trova persone ferite che gli piovono addosso da ogni lato. Cammina sulle finestre ormai, perché la parete con gli infissi é il pavimento. Che paura vedere l’acqua che viene su con velocità! Ma incastrati in quelle finestre ci sono tanti passeggeri feriti. Come possono Daniele e il gruppo della scialuppa tirano su qualcuno o lanciano qualche appiglio.

Ma ecco la scala. Alta. Diritta senza inclinatura. Di ferro. A vederla si capisce subito che non sarà facile salire. Una signora spagnola, stanca e in preda al panico, prega Daniele di prendere i suoi due bambini e portarli oltre. Hanno 4 e 2 anni. Lei non ce la fa a salire con loro. Lui è giovane e può salvarli. Daniele sbarra gli occhi. Non ha confidenza con i bambini. E poi ha paura. Oddio che faccio. Prega. Dio aiutami non posso avere la responsabilità della vita di queste due creature. Si fa forza, il segno della croce e spinge da dietro il bambino più grande. Il più piccolo se lo carica sulle spalle e con la massima concentrazione salgono le scale. Ce l’ha fatta. Bravi, ora arriva la mamma. Ma la signora spagnola tarda ad arrivare. È rimasta indietro.

Adesso da lì bisogna salire sul punto più alto di quel che resta della nave. E calarsi giù. Ci sono i soccorsi. Ma non si vede nulla. È tutto buio. Si ha solo la certezza che c’è da superare uno strapiombo. Alla fine Daniele si salva, come tanti. I bambini anche. Qualche ora e finalmente rivedono la mamma. A Porto Santo Stefano c’è anche il papá. Tiene in braccio un neonato. Il terzo figlio. L’uomo si inginocchia davanti a Daniele e lo ringrazia come fosse un santo. “Lei ha salvato la mia famiglia. Grazie”. Lo ripete continuamente come stesse recitando un accorato salmo responsoriale. Due anni di analisi per Daniele, ma la tragedia non si cancella. Notti insonne e incubi. Lo tsunami il sogno ricorrente. “La mia vita è cambiata. Non guardo più alle cose superficiali della nostra esistenza. Evito i litigi inutili, le perdite di tempo e gli ipocriti. Non ti danno nulla. Tragedie come queste ti fanno capire quali siano i veri valori, altro che i modelli che inseguiamo. Non mi sarei mai voluto trovare davanti a una situazione del genere da genitore, con moglie e figli da salvare”.

 

 

Angelo Perfetti: